She’s gone

She’s gone

 

Tess is gone.
We fought on her side against a relentless foe, changed tactics and weapons, but in the end cancer prevailed.

Three months have gone by since we discovered the gravity of her condition. It would be fair to say we succeeded in giving her a modest life extension but it came at a price. And I don’t mean in terms of vet bills.

She had to learn how to walk and go about her business with only three legs, and she had to endure growing distress in the final three weeks. Her breath had become labored, her sight dim, and her hind legs could barely support her.

Today we took her to her favorite vet, gave her treats and laid out her toys on her bed. She was tired but relaxed as we held her head and scratched her back. She sighed twice when the vet put her to sleep, and it was Tess’s way of saying: “I’m no longer hurting, at last.”

She’s now up there, on top of a verdant hill, looking down at us and patiently waiting.

 

E’ passato un anno

E’ passato un anno

Oggi è il primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Putin non ha fatto discorsi celebrativi. C’era ben poco da celebrare.
Gli invasori dovevano arrivare a Kyiv in tre giorni, ma dopo 365 giorni il fallimento della loro guerra lampo li ha visti perdere la metà di quanto avevano conquistato. Le perdite russe, secondo stime ucraine, superano i 140.000 morti e proseguono al ritmo di quasi 1.000 al giorno.
In tempo per l’anniversario, l’assemblea generale dell’ONU ha approvato ieri il piano di pace proposto dall’Ucraina, che prevede innanzitutto il ritiro dell’esercito di Mosca e dei suoi mercenari dal territorio sovrano del Paese.
Hanno votato a favore 141 stati, 39 si sono astenuti (tra cui Cina e Iran) e 7 hanno votato contro.
Contrari si sono dichiarati Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Eritrea, Mali, Nicaragua e ovviamente Russia.
A parte gli stati clienti di Mosca, il voto contrario di Eritrea, Mali e Nicaragua ha secondo alcuni significato il distacco di questi paesi terzomondisti da una guerra che essi vedrebbero come “un conflitto dell’Occidente.”
Io la vedo diversamente.
Per me Mosca si è comprata i politici di quei paesi come ha fatto per decenni in tutto il mondo e, considerando le condizioni di vita locali, avrà anche speso un’inezia.
Nell’Occidente si moltiplicano i boicottaggi morali nei confronti della Russia. A Londra degli attivisti hanno dipinto il tratto di strada antistante l’ambasciata russa con i colori della bandiera ucraina, blu e giallo.
All’Aia, un organino è stato parcheggiato davanti all’ambasciata russa e scandisce le note dell’inno nazionale ucraino.
A Berlino, il relitto di un carro armato russo distrutto in Ucraina è parcheggiato davanti all’ambasciata russa. Analogo gesto di protesta è avvenuto in Lituania. A Vilnius un carro russo è parcheggiato nella piazza della cattedrale. A fianco del relitto un cartello blu e giallo proclama: “Insieme fino alla vittoria”.
Sono gesti di condanna che parlano chiaro, ma servono più che altro a ricordarci dell’obbligo morale di sostenere il Paese aggredito.
Agli invasori queste manifestazioni non fanno effetto, perché i russi non conoscono vergogna.

We Got This!

We Got This!

A few days ago, my wife and I took our Tess to the vet for her second chemo session since her right front leg was amputated last December.
While we sat in the reception area waiting for the oncologist to meet us, the medical director stopped by. We have known this doctor for 20 years: he’s a very considerate and kind person.
He looked at Tess and liked what he saw. Then he asked us how we were coping with the situation.
I told him we still found it hard to accept we had made this decision for her, and watching her hobble was a constant reminder of it.
He took on a stern tone and said, “Understand this. She lost that leg the moment she contracted cancer. Your prompt decision gave her a new shot at life. She’s already adjusted to it—you do the same.”
I felt a wave of relief at his words and my sense of guilt faded away.
Now I’m looking at Tess—and the whole situation—in a completely new way.
Tess, we got this!

“But then again, who does?”

“But then again, who does?”

In late November 2022, Tess—our 9.5-year-old Giant Schnauzer—developed a limp on her right front leg. When conventional OTC drugs failed to work, we promptly took her to the vet. It turned out she had osteosarcoma—and an aggressive one at that.

We had to make a fast decision: reduce her pain through painkillers and be prepared to say goodbye to her within a few months or have her leg amputated in hopes of stopping the cancer in its onset.

We immediately chose to prolong her life by taking the more drastic measure. On December 15, 2022 Tess lost her right front leg and became a tripawd.

Two weeks later she started her chemotherapy treatment, which is supposed to last until next May.

She has since learned how to jump on furniture, do her business in the grass, and run in the park on three legs. She’s still a fierce defense dog and will bark at strangers, other dogs, skateboarders, and cyclists as though she still were 100 percent whole.

Incidentally, this serves as a lesson for us humans who tend to complain a lot and feel sorry for ourselves when we have nothing more than a headache.

Needless to say, we’re spoiling her rotten and making the most of our time with her. Ten years for a large dog is old age and we don’t know how long she will last, even if the therapy is successful.
But we’re determined to take care of her 24/7 and enjoy every single minute we spend with her, hoping it will be for a long time.

Every time I dwell on this aspect, I am reminded of the final line of my favorite old movie Blade Runner.

When Deckard (played by Harrison Ford) is about to escape with his replicant lover Rachael (Sean Young), Detective Gaff (Edward James Olmos) yells: “It’s too bad she won’t live! But then again, who does?”

This iconic quote is a chilling reminder that people (and, by extension, relationships) don’t last forever. All we can do is make sure we live our lives to the fullest and show our loved ones how much they mean to us.

Il Lupo Perde il Pelo

Il Lupo Perde il Pelo

Il resto del proverbio lo sanno tutti, anche se qui l’animale selvatico in questione è più probabilmente l’orso.

Il vizio ricorrente è la folle propensione dell’orso russo a invadere quei paesi vicini che, fino a quel momento, erano stati suoi partner stretti.

E’ notorio come l’invasione dell’Ucraina (la “speciale operazione militare” di tre giorni) stia andando in maniera disastrosa per Putin. A nove mesi di distanza dall’entrata in Ucraina, l’esercito russo che aveva varcato il confine nel Febbraio di quest’anno di fatto non esiste più. Tra morti, feriti e prigionieri è stato letteralmente spazzato via.

Il Cremlino ammette di aver perso meno di 6.000 uomini. Se ciò fosse vero, non si spiegherebbe l’aver lanciato una impopolare e sgangherata mobilitazione per schierarne altri 300.000—questa è la cifra ufficiale—ma in realtà l’obiettivo è rastrellare oltre un milione di coscritti da mandare al macello.

Mentre l’Ucraina ha già riconquistato il 50% del territorio sottratto dalla Russia nella fase iniziale del conflitto, sembra che ora Mosca stia ruminando un’azione militare in direzione sud, lasciando trapelare il suo malcontento nei confronti del Kazakistan.

Nell’enorme paese euroasiatico (che è grande 9 volte l’Italia) vivono meno di 20 milioni di persone, il 15% delle quali di etnia russa.

Cominciate a intravedere i classici pretesti russi per un’invasione?

In aggiunta a quanto sopra, il paese in questione intende sostituire l’alfabeto latino a quello cirillico entro il 2025, cosa che a Mosca non è piaciuta. Nè è stato gradito il sostegno politico del Kazakistan all’Ucraina già espresso ai tempi dell’invasione russa del Donbas nel 2014.

Qualche giorno fa, la TV di stato russa (Rossiya 1) ha ospitato nel talk show di Vladimir Solovyev (poeta di corte dello zar Putin) un politologo di nome Dmitry Drobnitsky, il quale senza mezzi termini si è scagliato contro il Kazakistan tacciandolo di essere un paese nazista e ventilando l’uso delle maniere forti.

Cominciate a intravedere un’altro classico pretesto russo per un’invasione?

Nessuno fa dichiarazioni di questo tenore nello show di propaganda più popolare della Russia senza avere avuto un via libera dall’alto. Ed è così che comincia a delinearsi un disegno strategico più ampio.
Questa volta la scusa non saranno le “provocazioni della NATO”—che tanto hanno convinto i fiancheggiatori di Putin in Italia—ma qualcosa di diverso, anche se è niente affatto originale e fa parte tradizionalmente del menu eversivo di Mosca.

Potrebbe infatti verificarsi un misterioso attacco sotto falsa bandiera, quella raffinatezza russa che è ancora più celebre del caviale.

La minoranza russofona, che abita principalmente il nord del paese ex-sovietico, potrebbe anche insorgere lamentando qualche tipo di discriminazione e sopruso a suo danno da parte del governo del Kazakistan. Già qualche avvisaglia di questa strategia c’era stata agli inizi dell’anno in corso.

Non tutti sanno che il Kazakistan è il principale fornitore mondiale di uranio, con il 32% del totale—e qui si intravede un’altra delle potenziali motivazioni per una seconda operazione militare speciale. (Una terza, in realtà, se contiamo anche l’invasione russa della Georgia nel 2008.)

I mal di pancia del Cremlino nei confronti del Kazakistan hanno creato un certo allarme in quest’ultimo paese, sebbene siano stati da molti archiviati sotto l’argomento “classica tracotanza russa.”

Eppure a Mosca servirebbe proprio ora una facile vittoria per dirottare l’attenzione della sua popolazione di zombie dalla sconfitta in Ucraina celebrando un trionfo del “Russki Mir” sul vicino meridionale.

Tutti questi fattori dovrebbero servire da monito al governo di Astana, perché l’invasione dell’Ucraina è cominciata proprio così.

E visto che ci siamo, anche Bielorussia e Moldova farebbero bene a chiudere la porta a chiave. L’orso russo è in trappola ed è capace di reagire in maniera imprevedibile.