Umberto EcoQualche giorno fa, parlando di Internet, Umberto Eco ha detto: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. E ancora: “La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.

Per rendersi conto di quanto siano vere le parole di Eco, basta andare a leggere i commenti che appaiono in rete nei siti che non vagliano i contributi degli internauti.  Senza andare troppo lontano, basterà dare una rapida occhiata ai commenti dei lettori proprio in calce alle dichiarazioni di Umberto Eco sul sito dell’ANSA. E magari si potrebbe anche estendere la ricerca ai commenti che compaiono anche negli altri articoli dell’agenzia. Ne prendo uno a caso, quello dell’uomo incornato e ucciso da un toro in Spagna. Sono 120 commenti a tutt’oggi e che vi invito a leggere se troverete il coraggio.

Umberto Eco ha ragione. L’imbecille, emarginato e inascoltato appunto perché tale, trova la sua redenzione online. E alle sue esternazioni idiote rispondono altri come lui.

Chi fosse preoccupato per la sorte degli imbecilli, si rassereni: essi non sono in via di estinzione. Anzi.

Lo testimoniano sia la vacuità che il numero dei loro commenti. Alcuni si compiacciono di pubblicare e difendere ad oltranza tesi contrarie al buon senso e cercano lo scontro virtuale con i paladini dell’ovvio, questi ultimi invece cercano di far ragionare gli imbecilli—un’altra operazione priva di senso. I toni diventano accesi e le parole si fanno più pesanti, finché si finisce in rissa.

Un anno fa, sempre su questo blog, ho citato una curiosa “legge”, la Godwin’s Law.

Mike Godwin è un autore e avvocato americano che ben 25 anni fa ha coniato questa strana legge: “Al moltiplicarsi dei commenti in una discussione online, aumenta la probabilità che qualcuno cominci a fare paragoni con Hitler e i nazisti”.

E’ pressoché inevitabile che, nelle risse virtuali, venga prima o poi invocato il nome di Hitler o del suo partito a indicare l’intolleranza verso le tesi altrui.

La soluzione? Invece di pubblicare commenti di un paio di righe banali o sballati, chi ha qualche imbecillità da dire faccia uno sforzo in più: scriva un blog. Proprio come ho fatto io.