Non posso definirmi un “nativo digitale”, essendo nato e cresciuto nell’era analogica, ma mi riconosco sicuramente nella definizione di “immigrato digitale”. Pur non aspirando al titolo di “smanettone” ho una certa dimestichezza con il computer, gestisco i miei impegni tramite un calendario che risiede nel cloud (non possiedo agende da anni), leggo decine di e-book l’anno e ho anche realizzato un paio di siti Web negli ultimi tempi.
Insomma, sono un emigrante che si è adattato senza grossi traumi e parlo la lingua contemporanea quasi senza accento straniero.
Dove le mie origini analogiche saltano fuori è il mio rifiuto di essere presente sui social network. Ho avuto una pagina su FB qualche anno fa ma l’ho cancellata di corsa dopo che mi è stato “hackerato” l’account. Devo dire che la mia assenza non mi è pesata affatto. Sono presente su LinkedIn per motivi di lavoro e mi basta.
Quello che riesco difficilmente a comprendere è il bisogno di andare sul Web e scrivere cose che non interessano a nessuno. Non parlo di avere un blog, che richiede comunque un certo impegno, ma mi riferisco alle imbecillità che la gente scrive nei commenti.
Molti episodi di serie televisive su canali a pagamento esordiscono con l’invito: “Commenta live l’episodio”. E io mi chiedo per quale motivo dovrei andare sulla pagina FB o Twitter di quella serie a scrivere qualcosa su un episodio che sto ancora guardando. Inevitabilmente il mio commento sarebbe seguito (o preceduto) da altri, alcuni d’accordo con la mia opinione, altri in contrasto, altri ancora scritti per il solo gusto di rileggerli.
E altrettanto inevitabilmente mi ritroverei a discutere animatamente con dei perfetti sconosciuti di un telefilm che non sto nemmeno più seguendo, perché sto scrivendo idiozie sul Web. Il tutto mi pare profondamente stupido, come portarsi un libro al cinema (un e-book naturalmente).
Prendiamo la fortunata serie “24”. Basta andare su #24it per leggere i commenti che si susseguono a pioggia e rendersi conto che la maggior parte sono le banalità di poveri disgraziati che parlano da soli. C’è pure chi si fa un “selfie” con la maschera di carta di Jack Bauer. Deprimente.
E questa è una pagina controllata assiduamente da Fox Italia. Nessuna sbavatura, nessun commento fuori delle righe.
Ma andate su YouTube, cliccate un video su un qualunque argomento contemporaneo e vedrete l’escalation dei commenti senza senso né scopo. Guardate quanto tempo ci vuole perché partano gli insulti.
Avete mai sentito parlare della “Godwin’s Law”? Mike Godwin è un autore e avvocato americano che ben 25 anni fa ha coniato questa strana legge: “Al moltiplicarsi dei commenti in una discussione online, aumenta la probabilità che qualcuno cominci a fare paragoni con Hitler e i nazisti”. Curiosa, no?
Eppure immaginatevi di commentare pacificamente la serie “24” e l’utilizzo dei droni da attacco. E’ inevitabile che prima o poi intervenga il “troll” di turno sputando fuoco e fiamme su qualcuno o qualcosa, seguito a ruota da un altro che lo sfida a duello verbale. E’ solo questione di tempo prima che qualcun altro prenda a strillare che l’intolleranza per le altrui idee e convinzioni ci ha regalato il Terzo Reich. Ci potete regolare l’orologio.
Per me, immigrato digitale, il migliore accompagnamento per un episodio di Jack Bauer non è un social network, è una birra.