Serata dai Gheddafi

Serata dai Gheddafi

Serata tranquilla in casa Gheddafi.

C’è un ospite a cena, un funzionario cinese che per anni ha fatto da ambasciatore-ombra in Libia spianando la strada all’insediamento di numerose aziende del suo Paese e, in tempi recenti, ha anche offerto al regime del Colonnello armi e munizioni in un disperato tentativo di rovesciare le sorti della guerra civile.

Il Colonnello ha l’aria provata, gli ultimi mesi sono stati un calvario di delusioni e sofferenze. I bombardamenti NATO sulla Libia, la defezione di molti suoi collaboratori e consiglieri e anche l’atteggiamento degli europei, primi tra tutti i francesi e gli italiani, che non hanno esitato a puntargli contro le armi.

Per non parlare poi dell’ansietà per la sorte dei figli. Il Colonnello non ha loro notizie da molti giorni.

L’ospite cinese ha portato un omaggio che sapeva molto gradito, una bottiglia di Moutai che è calata ben sotto alla metà durante la serata e rischia di non vedere l’alba. Il cinese riempie un altro bicchierino con il potente distillato e lo porge al Colonnello, poi beve un sorso dal suo e chiede: “Siamo sicuri che non esista alcuna traccia della nostra offerta di forniture militari? I suoi avversari del Consiglio Transizionale affermano di avere le prove scritte di un’offerta di armi cinesi per 200 milioni di dollari.”

“Assolutamente niente. Tutte le carte sono state distrutte sotto la mia personale supervisione. Quei topi di fogna stanno bluffando.” replica alterato il Colonnello.

E’ chiaro che se la cosa fosse dimostrata – aggiunge il cinese sommessamente – essa sarebbe fonte di grande imbarazzo per Pechino e darebbe l’occasione ai nostri nemici in Libia di tenere fuori la Cina dal nuovo assetto del Paese. Dopo tutti gli investimenti che abbiamo fatto, sarebbe una cosa disastrosa…”

“E cacciarvi fuori dalla Libia era l’obiettivo primario di quei cani degli americani e dei loro alleati! – sbotta Gheddafi alzandosi bruscamente in piedi – la cosa mi era chiara fino dall’inizio.”

Il Colonnello vuota il suo bicchierino di Moutai e si dirige pensieroso verso la porta finestra. “Ma non è ancora detta l’ultima parola, inshallah! La Libia sarà l’inferno dei miei nemici!”.

Alle sue spalle il cinese scuote lentamente la testa ma la sua espressione è imperscrutabile mentre fissa il fondo del bicchiere attraverso il liquido oleoso e trasparente.

Gheddafi scosta le tende dall’ampia vetrata e guarda fisso il moto delle onde che lambiscono la spiaggia.

Il Mar dei Caraibi è calmo e riflette le straordinarie luminosità di un tramonto tropicale.

Notizie dal mondo

Notizie dal mondo

No, all’IKEA no! Un giudice di Karlsruhe ha condannato un uomo che picchiava la moglie, tale Gerhard T., ad accompagnarla cento volte all’IKEA o, come alternativa, a corrisponderle una tantum la somma  di 100.000 Euro. Gerhard ha pagato senza fiatare.

Infarto sulle strisce. Un pedone di Milano, Angelo F., è stato colpito da infarto mentre attraversava le strisce pedonali. L’automobilista che gli ha dato la precedenza l’ha visto spalancare la bocca per la meraviglia e poi accasciarsi in terra senza vita. All’arrivo dell’ambulanza, per Angelo F. non c’era più niente da fare. L’automobilista è stato salvato dalla folla inferocita grazie all’intervento di una Volante. “Assassino, assassino” urlava un capannello di gente. “Se non ti fossi fermato per farlo passare sarebbe ancora vivo”.

Non mi serve a niente. Un’automobilista di Monza, tale Renata C., è finita sul Guinness dei Primati per aver percorso 200.000 chilometri in venti anni senza mai spostare lo specchietto retrovisore esterno destro dalla posizione piegata. Ai giornalisti ha detto di non averlo mai usato perché tanto in quella direzione lì non guarda mai. La procura di Monza ha aperto un fascicolo, ma lo ha subito richiuso perché Renata C. ha 89 anni e un occhio solo, il sinistro.

E’ lì il bello! Il ricercatore giapponese Tetìro Shemo ha inventato un minuscolo congegno che può essere impiantato con un intervento ambulatoriale di dieci minuti e che elimina totalmente l’emissione violenta di aria dalla bocca dopo aver bevuto della birra. La nota azienda olandese produttrice di una popolare birra in bottiglia verde gli ha subito offerto dieci milioni di dollari per distruggerne i disegni. “Il rutto – ha spiegato l’ufficio marketing della multinazionale –  è parte integrante ­dell’esperienza di degustazione della birra e non deve sparire.”

La politica è stress. Uno dei figli di Gheddafi (non è chiaro se Saadi, Saif o altro figlio d’arte) ha dichiarato all’emittente radio emiliana Al Ceseera che la Libia ritornerà ben presto sotto il controllo del Leader Fraterno e che ogni screzio tra il vecchio regime e i ribelli del Consiglio Transizionale Nazionale sarà composto amichevolmente.
Il figlio del colonnello, che ha i gradi di generale e quindi ha fatto più carriera del padre, ha rilasciato la sua dichiarazione da un hotel di Niamey, nello stato confinante del Niger, dove attualmente si trova per motivi di salute. All’intervistatore che gli chiedeva se fosse in realtà fuggito dalla Libia, Gheddafi jr. ha risposto di “essere in Niger per curarsi dallo stress”.

Senza una traccia

Senza una traccia

Sono le 3 del mattino ad Amburgo e il bar nei pressi della Herbertstrasse sta chiudendo.

La cameriera anziana, una bionda finta sulla sessantina e con il collo segnato dalle tracce di un vecchio lifting, sistema la cassa. I suoi movimenti sono lenti e precisi, imparati e perfezionati in tanti anni spesi a fare lo stesso mestiere. La spilla che porta sulla camicetta ne rivela il nome: Selma.

In sala c’è una nuova cameriera che sta sparecchiando l’ultimo tavolo, dove ancora si attardano quattro marittimi polacchi. Come anni ne ha di sicuro ancora più di Selma, ma evidentemente si è fatta la plastica in tempi recenti e anche i capelli scuri sembrano tinti da poco. Non sembra però molto esperta e i polacchi la prendono in giro. Lei non reagisce e continua a lavorare meccanicamente senza alzare lo sguardo.

Oggi è il suo primo giorno di lavoro e Selma si domanda perché mai l’abbiano assunta qui, in un vecchio bar malandato di St. Pauli che prima o poi chiuderà per diventare un McDonald’s.

Passa un quarto d’ora e le due si incontrano nel bagno del personale. La nuova porta sull’uniforme una spilla con il nome Libby e sembra esitare a cambiarsi d‘abito davanti alla collega. E’ immobile e seminascosta dalla porta dell’armadietto che ha appena aperto.

Selma ride sommessamente. “Non ti preoccupare – le dice – qui nessuno vuole sapere la tua storia.”

“Prendi me – prosegue – sono qui da oltre venti anni. Sono un uomo, mi sono fatto operare e sono scappato dall’Inghilterra dopo che l’ayatollah Khomeini aveva lanciato una condanna a morte su di me per un libro che scrissi nel 1988. Dicevano che fosse un libro blasfemo e denigratore dell’Islam.”

“La sua fatwa è stata prima sospesa e poi, qualche anno fa, il regime iraniano l’ha di nuovo convalidata.
Non volevo correre rischi e così ho continuato a vivere qui e a scrivere di nascosto. Questo è il luogo ideale per sparire. Per confondere le acque, c’è anche un imitatore inglese che si finge me partecipando a vari eventi in giro per il mondo ma, una volta tolto il trucco, non lo riconosci più. Intendiamoci, questa non è una gran vita ma mi sento abbastanza al sicuro. Al punto che ti ho perfino raccontato la mia storia; da te credo di non avere niente da temere.”

“Già, a proposito – aggiunge – il mio vero nome è Salman. E tu Libby chi sei veramente?”

L’altra donna, che era rimasta silenziosa ad ascoltare, scuote il capo lentamente e, in un tedesco stentato, risponde: “Anche io ho una lunga storia da raccontare. Il mio vero nome è Muammar”.

Steve Jobs si ritira

Steve Jobs si ritira

Steve Jobs, il leggendario co-fondatore di Apple ha annunciato di volersi ritirare dalla conduzione attiva dell’azienda californiana. Come molti sanno, Jobs ha da diversi anni gravi problemi di salute e questa recente mossa sembra sottintendere che questi non siano migliorati. Resterà Presidente della Apple (una carica che prima non esisteva) passando il testimone al suo braccio destro, Tim Cook, che ha competenza settoriale da vendere. Il mercato si domanda però se Cook abbia anche le capacità “visionarie” di Jobs e proprio per questo il titolo Apple ha temporaneamente perso fino al 7%.

Ma non intendo dedicare questo post alla Apple (per la quale non condivido l’entusiasmo di molti); le mie poche righe non vogliono nemmeno tessere le lodi di Steve Jobs quale mega-manager (c’è chi l’ha chiamato “il migliore CEO in tutta la storia d’America”). In realtà, per quanto brillante egli sia sicuramente, Jobs è un personaggio “difficile”, un perfezionista e un fanatico del dettaglio: quello che gli americani chiamano un “micromanager”, una persona che ti manda al manicomio se non sai gestire il suo bisogno di controllare tutto.

Abbandonando per un attimo, quindi, la santificazione della figura di Jobs come uomo d’azienda, mi auguro intanto che questo ulteriore distacco dal “day to day” sia benefico per la sua salute. Poi desidero ricordare un altro aspetto di questo personaggio: la sua straordinaria capacità di comunicare in maniera essenziale ed efficace, cosa che fa da decenni per conto di Apple con enorme successo.

Parte del mio lavoro sta nel tenere seminari di formazione sulle tecniche di presentazione e sul parlare in pubblico. Jobs è da questo punto di vista un autentico mostro e un esempio stellare e nei miei corsi attingo a vari aspetti delle sue tecniche.

La cosa più singolare è che (a detta di chi lo conosce) Jobs non ha nemmeno un talento naturale per trasmettere i suoi messaggi con il carisma messianico che tutti gli riconoscono. La sua forza sta nel metodo, nella continua ricerca della perfezione, nel voler provare e riprovare le sue presentazioni fino a renderle ancora più scarne, essenziali e memorabili.

Sul palcoscenico Jobs non annoia, non legge foglietti, non guarda lo schermo. Steve non cerca nemmeno di essere  sempre in primo piano (è arrivato al punto di poterselo permettere, direte voi) ma cede volentieri la parola a ospiti, alla grafica, agli effetti visivi.

Quando si fanno presentazioni a un pubblico less is more, meglio una slide o una parola in meno che una di troppo.

E’ quindi con la gratitudine di chi ha molto appreso dal suo esempio che gli auguro di riprendersi e spero di rivederlo ancora nei suoi tradizionali jeans e con il girocollo nero a far sognare tutto il mondo mentre presenta un nuovo Mac, magari una sola volta all’anno.

Update 6/10/2011

Oggi è stata annunciata la scomparsa di Steve Jobs. Pubblico un breve video che ne commemora la vita e i tanti successi alla guida di Apple.

Pedala, pedala

Pedala, pedala

Sto trascorrendo il mese di Agosto alle porte di Milano (no, non ci sono venuto in vacanza: abito qui) dividendo il mio tempo tra la lettura di libri che ho accumulato in attesa delle ferie e lunghi giri in bicicletta.

La zona a Nord-Ovest della città è intersecata da una fitta rete di piste ciclabili, alcune estremamente ben fatte e quasi tutte mal segnalate. Un vero patrimonio per il turismo “verde” ma scarsamente fruibile per la tradizionale carenza nella segnaletica.

E’ il male italiano: ti mettono tre cartelli a distanza di un chilometro l’uno dall’altro che puntano a una certa destinazione (nel mio caso la riserva naturale di Vanzago), poi niente più. Cambiano i comuni, cambiano le priorità. A quelli di Pregnana magari stanno sulle balle gli abitanti di Vanzago e quindi niente cartello per il bosco di Vanzago.

In una rotatoria condivisa tra bici e auto vedo perfino un cartello che indica il Parco del Ticino, ma è il solo. Non ce ne saranno più altri per chilometri e chilometri. Sembra non tanto un cartello segnaletico quanto un obiettivo esistenziale.

Mi fermo all’ombra di una pianta e tiro fuori il cellulare con il fedele GPS. Grazie ai satelliti ora ho capito dove sono e rimonto in sella alla KTM. Attraverso frazioni e paesini deserti, tapparelle chiuse, marciapiedi vuoti. Nelle aree verdi qualche anziano in canotta e ciabatte cerca l’ombra di una pianta per mettere su un tavolino e giocare a carte.

I parchi giochi sono bruciati dal sole e completamente vuoti. Lungo le statali passo davanti a file di capannoni industriali chiusi per le ferie o chiusi del tutto. C’è una ditta fallita il cui stabilimento è in vendita. Sulla recinzione sventolano nella brezza mattutina le bandiere rosse del sindacato a celebrare un’altra vittoria dell’intransigenza. Sono un po’ sbiadite, chissà da quanti mesi sono lì.

Le ferie estive sembra non abbiano interessato la categoria delle prostitute. Negli angoletti ombreggiati ce ne sono sempre un paio con la seggiolina da mare e la borsa termica con le bevande fresche. Di affari se ne fanno pochi e allora tanto vale passare la giornata a raccontarsi storie. Gli argomenti non mancano di sicuro.

I tratti più belli delle piste sono quelli che abbandonano i tracciati stradali e seguono  piccoli corsi d’acqua, rogge e canali scolmatori. Qui si viaggia spediti e assolutamente soli per lunghi tratti. Ogni tanto si incontra un altro ciclista, più raramente un mezzo agricolo. Spesso la sola compagnia è il gorgogliare dell’acqua o lo scroscio di una cascatella.

Ogni tanto la pista interseca un’autostrada passandoci sotto con una stretta galleria o attraversandola con una passerella sospesa. Solo allora ti rendi conto di quanta gente sia in giro in questi giorni di Agosto, ma le nostre vite si incrociano solo per un secondo o due. Raggiunto l’altro lato salgo di una marcia e mi getto di nuovo nella campagna con le ruote tassellate della mountain bike che ronzano soddisfatte sull’asfalto della pista.

Eroi imperfetti

Eroi imperfetti

L’anno scorso, all’età di 77 anni, è morto lo scrittore americano Robert B. Parker.

Dal 1973 alla data della sua scomparsa aveva scritto oltre 60 libri; di questi ne ho letti più della metà e sui rimanenti sto lavorando assiduamente.

Si tratta di storie avvincenti condite da dialoghi tanto minimalisti quanto autentici, ricchi di slang e di ironia. Parker era un erede spirituale di Raymond Chandler, il creatore di Philip Marlowe (“Il Grande Sonno”), e negli anni ’80 gli fu infatti chiesto di completare un libro di Chandler rimasto incompiuto alla morte dell’autore nel 1959.

I personaggi di Parker sono ormai famosi: tra di loro il detective Spenser di Boston (il cui nome di battesimo non è mai stato rivelato) e il poliziotto Jesse Stone che, dopo una carriera chiacchierata in California, diventa il capo della polizia di Paradise, un’immaginaria cittadina sulla costa del New England a nord di Boston.

Tra i tanti personaggi disegnati dalla prosa essenziale di Parker ce ne sono altri due che sono apparsi in quattro storie ambientate nel selvaggio West: si tratta di Virgil Cole ed Everett Hitch, due uomini di legge, gente di poche parole e di principi morali monolitici e piuttosto ridotti all’osso.

Siamo alla fine dell’800, l’America sta crescendo e picchettando ogni metro quadro di terreno ancora libero. Ci sono miniere, ferrovie, saloon e bordelli, Repubblicani e Democratici, baroni allevatori e piccoli proprietari, ex-ufficiali della guerra di secessione, indiani insofferenti delle riserve e mezzosangue che non disdegnano le conquiste della cultura occidentale. La miscela è infiammabile e il whisky non aiuta.

Virgil ed Everett sono figli del loro tempo, pellacce stagionate dal sole, dal vento e dalla neve, coscienze granitiche che non hanno difficoltà a decidere tra il bianco e il nero, tra chi merita un avvertimento amichevole e chi invece si prende un colpo di .45 in petto.

Su questo sfondo è proiettato il ferreo legame che esiste tra i due protagonisti, un’amicizia discreta dove la comunicazione si affida a mezze frasi e il tempo che essi passano lavorando o cavalcando insieme è più intermezzato da lunghi silenzi che da conversazioni complesse.

Tutti i protagonisti di Parker sono in qualche modo “flawed heroes”, eroi imperfetti. Siamo ben lontani dai personaggi tutti d’un pezzo dei film di Henry Fonda, James Stewart e Gary Cooper.

Ognuno di loro, non ultimi Virgil Cole ed Everett Hitch, ha un lato debole, un difetto che lo rende tanto vulnerabile quanto più credibile come essere umano.

Solo pochi dei libri di Parker sono stati tradotti in italiano e posso immaginare la fatica del traduttore nel  rendere i dialoghi che hanno reso l’autore famoso in USA. Non avendo letto l’edizione italiana dei suoi libri non ho idea del risultato, ma temo che, diluita inevitabilmente la potenza dei dialoghi, quello che resta sono solo delle storie avvincenti. Quanto ai suoi romanzi western, non mi risulta che siano mai stati tradotti. Ricordo invece che la trasposizione cinematografica di uno di essi (Appaloosa) ha dato origine a un bel film del 2009 interpretato e diretto da Ed Harris (nella parte di Virgil Cole) e co-interpretato da Viggo Mortensen (nella parte di Everett Hitch).

Ho appena finito di leggere “Blue-Eyed Devil”, l’ultimo libro della quadrilogia ambientata nel West, e l’ho richiuso con una certa tristezza: con Robert Parker se ne sono andati anche Virgil ed Everett, due giganti di personaggi nati dalla sensibilità e dalla fantasia dell’autore e morti silenziosamente con lui.