Giu 19, 2014 | The Blog
Levata di scudi in Costiera Amalfitana per lo spot della Rio Mare che raffigura una torre saracena addizionata di un faro posticcio dalla computer grafica.
La pubblicità, che ruota intorno a un invecchiato Kevin Costner circondato da bellezze locali concupiscenti, passerebbe del tutto inosservata se non per la sua singolare banalità. Ma agli occhi attenti degli amalfitani è apparsa come un insulto.
Il Corriere del Mezzogiorno aggiunge “Intanto associazioni e qualche sindaco della Costiera sono pronti a dare battaglia affinché la Torre Saracena, nello spot, torni ad essere quella originale.”
Una lettrice del blog Campania su Web commenta: “Non si devono toccare i nostri paesaggi” (includendo probabilmente anche le manipolazioni al computer).
E’ rassicurante constatare il livello di attenzione dimostrato dai locali per il loro ambiente. Solo pochi giorni prima, però, si era registrato un caso di inquinamento a pochi chilometri di distanza dalla torre “violata”. Degli ignoti avevano sabotato il depuratore di Minori dando origine a un versamento di liquami in mare. Ma i carabinieri hanno subito aperto un’indagine per cui possiamo stare tranquilli. Nessuno invece fa niente—e non lo fa da decenni—per risolvere i problemi di traffico che rendono la SS163 Amalfitana un incubo durante i weekend e la stagione turistica.
Mentre il Bolton Group, proprietario del marchio Rio Mare, si rallegra per l’effetto moltiplicatore della sua pubblicità innescato dalla polemica, è difficile credere che qualcuno ad Amalfi abbia veramente intenzione di fare qualcosa di più che strillare luoghi comuni sui siti Web.
Nel frattempo, è ritornata a girare sulla televisione italiana una storica pubblicità della Pfizer che abbina a un suo integratore alimentare l’iconica Statua della Libertà. Questa nuova edizione dello spot, girato da un’agenzia italiana, funziona in senso opposto alla pubblicità di Rio Mare. Mentre ad Amalfi la torre saracena fa da basamento a un faro posticcio, a New York il computer ha fatto sparire Lady Liberty lasciandone soltanto il basamento.
Non si registrano al momento reazioni da parte americana e non sembra che Washington abbia intenzione di richiamare il suo ambasciatore in Italia. C’è da dire che 30 anni fa l’illusionista David Copperfield aveva fatto anche lui sparire la Statua della Libertà senza che quei disincantati degli abitanti di New York si fossero minimamente agitati.
Mag 18, 2014 | The Blog
Il libro Lawrence in Arabia, scritto dal giornalista americano Scott Anderson e pubblicato nel 2013, comincia già dal titolo a prendere le distanze da biografie più o meno agiografiche di T.E. Lawrence e dal celebre film di David Lean del 1962.
Scritto in maniera elegante e scorrevole, il libro inquadra le vicende della rivolta araba contro l’occupazione ottomana stabilendo brillantemente una rete di connessioni con l’attuale assetto dei Paesi più o meno direttamente coinvolti nel conflitto.
Mentre tesse le storie parallele del protagonista Lawrence, di un funzionario di una grande azienda petrolifera americana, di una spia tedesca e di agenti sionisti (tutti attivi nelle stesse zone negli stessi anni e che a volte perfino si incontrano nella narrativa), Anderson dipinge il grande intreccio di interessi religiosi, nazionali e commerciali che hanno contribuito a creare il Medio Oriente di oggi.
Leggiamo quindi dell’affermarsi della dinastia wahabbita Al Saud in quella che diverrà appunto l’Arabia Saudita (e patria di Osama bin Laden), delle origini della monarchia hascemita in Giordania, delle aspirazioni indipendentiste degli ebrei in Palestina appoggiati dai movimenti sionisti europei. Il tutto ai danni dell’impero ottomano in avanzata fase di implosione.
La prosa agile di Anderson traccia un quadro devastante dell’incompetenza endemica nelle alte sfere militari britanniche, dell’arrivismo di politici inglesi senza scrupoli, delle mire colonialistiche di una Francia piegata dalla guerra sul fronte occidentale ma che non rinuncia a volersi ritagliare una fetta del bottino riservato ai vincitori della Prima Guerra Mondiale.
In questo magistrale affresco, le vicende del giovane e tormentato Lawrence fanno pensare a un turacciolo a galla in un mare agitato. Eppure, per quanto modesto sia stato il suo contributo all’esito della Grande Guerra, la storia di Lawrence merita di essere riletta e, grazie all’eccezionale lavoro di Anderson, fornisce un inconsueto angolo visuale di quel periodo della storia del mondo.
Non esiste ancora una traduzione italiana di Lawrence in Arabia, ma il libro si trova comunque in edizione originale su amazon.it. Assolutamente un libro da non perdere.
Apr 19, 2014 | The Blog
Because of the changing attitudes and needs of the consumer, the voice of advertising has evolved as rapidly as the goods and services it aimed to sell, but the “voice of government” in this country hasn’t changed in ages. Actually, “officialese” has never evolved from talking down at people.
The communication of officialdom with the ordinary citizen has always been stilted, pedantic and convoluted and—even in the Third Millennium— clearly betrays the belief that authority must speak in a stiff and complicated way to be authoritative.
According to Dutch cultural anthropologist Geert Hofstede, power distance is one of the key dimensions defining a national culture. With their average high index of power distance, Italians accept the fact that power is still distributed unequally and endure an elevated degree of formality in their dealings with the powers that be.
Public announcements in Italy are unduly complicated and assume a pompous tone, instead of making things simple to understand for the less literate. Safety information in public transportation is pathetically ineffective because it adopts insider terminology that the end user can hardly comprehend. Messages are formulated in a clunky and verbose way that fails to explain things and make them understandable.
A classic example is displayed by the quintessential non-customer-centric organization, the state railways (aka Trenitalia).
If you stand in a major station for at least 5 minutes, you will hear this public announcement (in Italian): “Passengers are requested to position themselves on the platform based on the location of the car corresponding to the class of service they have purchased and to let arriving passengers disembark first”.
Such a uselessly convoluted and obscure message is understood by few and simply adds to the constant din of the station. Surely, it could have been made simpler, perhaps by dispensing with its silly formality. But that is a non-starter for the likes of Trenitalia.
Another doozy produced by the very same organization has to do with the computer-generated female voice that makes public announcements in high-speed train stations. This virtual creature with a British accent starts every message with “Trenitalia informs…”. The oddity here is that the name of the rail operator is pronounced “Treni-tay-lya”.
Now, in English the noun Italy is pronounced it-l-ee and the adjective Italian ih-tal-yuhn. The sound “tay” in Trenitalia is an aberration, since it does not originate from either the noun or the adjective. Common sense would dictate that—before you run a public announcement hundreds of time each day—you have it checked by a native speaker or a linguist.
But an in-focused, government-owned organization like Trenitalia doesn’t operate that way. With 35,000 employees and revenues of Euro 3.5 bn it probably thinks it can write its own language rules.
Mar 4, 2014 | The Blog
Dwayne è un perdente perché è stupido.
Inutile girare intorno alla questione. Se non fosse un cretino, non si sarebbe fatto 8 anni nel penitenziario federale di Moab per quella rapina al furgone blindato a Ely in Nevada.
Il bello è che la rapina gli era riuscita perfettamente, ma Dwayne aveva deciso all’improvviso di mollare l’auto e proseguire con una moto che aveva appena rubato in strada. Aveva voglia di libertà, di vento nei capelli? Con un cretino è difficile dirlo.
Elmer J. Wade, sceriffo della White Pine County lo aveva trovato due ore più tardi, distrutto dalla fatica, che spingeva una Harley senza benzina e con le borse laterali piene di banconote nuove ancora impacchettate.
Al processo, la testimonianza dello sceriffo lo aveva inchiodato e il pubblico in aula aveva anche riso fragorosamente all’ironico racconto dell’arresto fatto da Wade. Quello scroscio di risate aveva continuato a torturare Dwayne per otto anni. Appena uscito da Moab, il suo primo pensiero era stato di vendicarsi.
E ora Dwayne è barricato in una stazione di servizio chiusa sulla Highway 50, a mezz’ora dal centro di Ely, armato di un fucile da caccia e con la moglie di Elmer J. Wade legata e imbavagliata in un angolo. Appena arrivato a Ely, le è piombato in casa e l’ha trascinata con sé fuori città. Nascosto nella stazione di servizio, ha poi chiamato lo sceriffo Wade dal cellulare della moglie e gli ha detto di presentarsi disarmato, altrimenti avrebbe “ammazzato la vecchia a fucilate” (parole sue).
Nell’aria limpida e secca del Nevada orientale, la Crown Victoria bianca di Wade con le scritte SHERIFF in corsivo blu sulle fiancate solleva una nuvola di polvere fine arrivando nel piazzale a gran velocità ma con lampeggiatori e sirena spenti e si ferma a trenta metri dai muri screpolati della stazione di servizio.
Elmer J. Wade esce lentamente dall’auto, si assesta il cappello in testa, alza il megafono e scandisce con la voce calma e l’accento strascinato che Dwayne odia tanto: “Sei sempre il solito cretino, Dwayne. Mia moglie mi ha lasciato quattro anni fa e si è messa con un deficiente che fa i vasi di creta copiando quelli degli indiani. Mi ha portato via la casa, i figli e le passo duemila dollari al mese per mantenere lei e quello sfigato. Dwayne, fatti furbo ed esci con le mani in alto prima che mi vengano in mente delle strane idee…”
Feb 23, 2014 | The Blog
Mentre aspettavo distratto la metropolitana qualche giorno fa, mi sono reso conto che un notiziario proiettato su una parete della stazione mostrava le previsioni astrali. Incredibile – mi sono detto – nel 2014 c’è ancora chi crede a queste baggianate.
Ho fatto qualche ricerca e sembra in realtà che circa la metà degli italiani consulti regolarmente l’oroscopo.
In altre parole, qualche decina di milioni di persone crede ancora che la posizione degli astri al momento della sua nascita abbia una qualche influenza sulle vicende della sua vita.
Incrociate questo dato – che da solo è piuttosto innocuo – con una recente ricerca OECD e c’è da cominciare a preoccuparsi.
Secondo questa ricerca, circa un quarto della popolazione adulta in Italia è a livelli di alfabetismo così bassi da essere preoccupanti, mentre circa un terzo ha scarsa dimestichezza con i numeri.
Vogliamo scommettere che i più “culturalmente disabili” sono quelli che credono all’oroscopo? E che fra loro quelli più disastrati sono proprio le persone che consultano maghi e chiaroveggenti?
Non ci sono risultanze scientifiche che lo dimostrino, ma si tratta di una mia personale convinzione. Ritengo infatti abbastanza probabile che qualcuno che ancora crede all’oroscopo abbia un livello di competenza medio-basso. (Stendiamo un velo pietoso sull’intelligenza).
Avreste mai detto che l’Italia si trovasse ancora a livelli di ignoranza come quelli evidenziati dall’OECD – e riportati nell’Ottobre 2013 da The Economist? A tenerci compagnia all’ultimo posto tra i paesi avanzati c’è la Spagna, mentre i primi posti per alfabetizzazione e abilità numerica sono detenuti da Finlandia, Giappone e Olanda.
E questo nonostante le iscrizioni all’università in Italia siano passate dal 4% dei giovani nel 1951 a oltre il 40% nel 2008, cioè più che decuplicate in mezzo secolo.
Ma sempre la ricerca OECD indica un altro fatto preoccupante: Italia, Spagna e Stati Uniti vantano un elevato numero di laureati, ma questi ultimi si sono rivelati culturalmente indietro rispetto ai giovani di Giappone e Olanda che abbiano conseguito il solo diploma di scuola media superiore.
Insomma – come qualcuno già da tempo sospettava – le università italiane sfornano laureati incompetenti e rischiano di diventare stamperie di diplomi inutili.
Siamo un Paese di dottori ignoranti e incapaci di gestire semplici calcoli matematici senza dover ricorrere ad un’App dello smartphone? E di questo passo dove andremo a finire?
La Repubblica Italiana è nata il 2 Giugno 1946, quindi è del segno dei Gemelli. Adesso consulto l’oroscopo e vi faccio sapere.