Kyiv

Giornata deludente oggi a Kiev. Una raffica di incontri organizzati dall’ufficio ICE nella capitale ucraina mi lascia solo un gran mal di testa e fogli di appunti destinati al cestino.

Non vedo un mercato per i prodotti della mia ditta e in compenso ho incontrato un bel cast di faccendieri ed ex-dirigenti di aziende di stato decotte e ricomprate a quattro soldi.

Faccio due passi per il centro città scendendo dalla Shovkovychna dove si trova l’ICE e mi incammino per la Khreshchatyk a guardare la gente e le vetrine. È fine Ottobre, l’aria è frizzante  e il sole splende in un cielo limpido.

Vedo parecchie belle donne dal fisico statuario ma vestite in maniera curiosa. Ne incrocio una che ha i capelli rosso fuoco, gli occhi celesti, una giacchetta di nappa carta da zucchero, la gonna in pelle di mucca Simmental bianca e marrone e gli stivali al ginocchio in pelle rossa lucida.

E come lei tante altre, paludate in maniera improbabile, ma indubbiamente belle.

Con il mio vestito scuro e il cappotto che indosso sono immediatamente riconoscibile come un “occidentale”. Mi attiro sguardi rapaci da parte di molte giovani ucraine più o meno dell’età di mia figlia.

C’è poco da montarsi la testa. La mia interprete, Elena, mi ha detto che il sogno di ogni giovane ucraina è venire a vivere nell’Europa Occidentale. Più del portafogli zeppo di Hryvnia e l’Hummer H2 con i vetri scuri (ormai ne girano tanti quante sono le Lada), la donna ucraina guarda in un uomo la possibilità di mollare tutto e andare a vivere a Milano, Parigi o Monaco.

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Si è fatta ora di cena. Nel mio passeggio senza meta ho visto un ristorante che mi intriga, si chiama Pervak e sembra un posto allegro e ben frequentato. Ho voglia di riscattare l’esperienza disarmante di una cena retrò alla maniera dei ristoranti di stato (Hotel Rus, ieri sera). Bersaglio centrato, Pervak ha un’impronta mitteleuropea, è simpatico e raffinato. Potrei essere a Vienna o a Lubiana e mi trovo subito a mio agio.

Comincio a capire queste giovani ucraine: sono da poco a Kiev ma già vorrei essere altrove.