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Uno degli indicatori del grado di civiltà di un Paese è il rispetto del cosiddetto spazio personale.

Questo rappresenta la distanza in termini spaziali che ognuno di noi pone tra sé e gli altri; il suo annullamento o la sua forte diminuzione danno origine a una serie di meccanismi riequilibratori.

È importante notare, tuttavia, che le dimensioni dello spazio personale variano da Paese a Paese, cambiano secondo il sesso dell’individuo e, chiaramente, anche in dipendenza del rapporto che esiste con l’interlocutore.

La prossemica (un neologismo di origine anglosassone ma di etimo greco: pros + sema, ovvero presso + segno *)  rappresenta la gestione dei rapporti di spazio con gli altri ed è una delle componenti del linguaggio non verbale, insieme alla cinesica (gestione del corpo) e alla vocalizzazione (la gestione della voce, indipendentemente dalle parole).

Secondo l’antropologo americano Hall, le quattro distanze chiave sono:

  • distanza intima (0-45cm)
  • distanza personale (45-120cm) per interagire con persone amiche
  • distanza sociale (120-350cm) per comunicare con persone conosciute o tra insegnante e allievo.
  • distanza pubblica (> 350cm) per parlare in pubblico.

Gli studiosi di prossemica sono perfino in grado di prevedere con precisione quali zone di un ascensore tendano a essere scelte per prime o verso quale urinale si dirigerà un uomo nei bagni pubblici.

Ma torniamo al rispetto dello spazio personale. Una delle cose che più mi ha sorpreso le prime volte che visitavo gli Stati Uniti d’America è stato lo spazio personale che ti viene “riconosciuto” dagli altri. Mi stupiva nei supermercati sentirmi dire “excuse me” da qualcuno che mi attraversava la strada con il suo carrello a oltre due metri di distanza. All’inizio ero convinto che non stessero parlando con me, tanto erano distanti.

Il paragone con il nostro Paese è ingeneroso. Nello stesso contesto del supermercato, la gente si infila dappertutto e tira giù gli oggetti dallo scaffale davanti alla tua faccia mentre stai scegliendo che cosa comprare.

Come già detto, lo spazio personale è un concetto legato alla cultura. In generale, i Paesi Mediterranei, il Sud America e il mondo arabo mostrano esigenze di spazi personali più ridotti rispetto agli USA, paese dai grandi spazi aperti e dall’individualismo più marcato.

Secondo la studiosa americana Nina W. Brown, ci sono quattro tipi di “personal boundaries” o confini personali (regole, limiti e comportamenti) adottati dagli individui per distanziarsi dal loro prossimo. Questi confini possono essere soft, spongy, flexible e rigid. Chi adotta  i primi ha confini labili ed è facilmente manipolabile dagli altri. L’estremo opposto (rigid) è praticamente chiuso a difesa, spesso a causa di precedenti abusi psicologici, emotivi o fisici.

Interessante notare come una categoria di persone, i narcisisti, dimostri di non conoscere il concetto di confini personali e di non tenere in alcuna considerazione gli spazi altrui. Gli altri esistono per essere usati per i propri scopi oppure non esistono affatto.

Il pensiero va inevitabilmente a quegli imbecilli che passeggiano su e giù per le sale d’attesa degli aeroporti urlando i fatti loro nel cellulare o che ti camminano letteralmente sui piedi in una libreria perché hanno visto un volume che gli interessa e devono prenderlo.

Nel loro mondo egocentrico e autoreferenziante, chi non è con loro è contro di loro. Siete un semplice ostacolo sul loro percorso.

Per chi avesse trovato interessante questo tema, consiglio la lettura di questo articolo del New York Times e anche un’occhiata al sito Web di Nina Brown.

(*)“A System for the Notation of Proxemic Behaviour”: Edward T. Hall (1963)