ClooneySto cercando di calmarmi dopo aver visto la pubblicità degli spazzolini elettrici di Oral-B.

“Diventa un esperto”, recita lo slogan. Un esperto?

E’ pazzesco. E se un consumatore vuole solo lavarsi i denti senza diventare un igienista dentale? Ora sembra che usare lo spazzolino manuale sia roba da trogloditi inesperti.

(Detto questo, io uso lo spazzolino elettrico da anni ma respingo fermamente l’idea di essere diventato un esperto. Chi al posto della carta di giornale usa un rotolo di carta igienica non è un esperto, è uno che ha scelto una soluzione che ritiene migliore).

Perché creare il fittizio bisogno di diventare un esperto? Chi compra un cellulare octacore è un esperto rispetto all’acquirente di un più modesto dual core? Scegliere un processore più avanzato ti rende più esperto? Ti danno una laurea del MIT insieme al cellulare più caro al momento dell’acquisto? E’ tutta qui l’argomentazione di vendita per fare upselling (l’acquisto di beni o servizi di valore superiore)?

Detto questo, lo stupidario pubblicitario può passare ora ad affrontare l’impiego negli spot italiani degli A-lister, quegli attori che nel sistema americano sono i più quotati. Non a caso, sono definiti bankable, cioè già in grado di portarti un ritorno sull’investimento con la loro presenza nel cast.

No, non ce l’ho con George Clooney. Il sempre meno simpatico George ha firmato già da anni un patto col diavolo (la Nestlé) per fare l’ambasciatore di Nespresso. Il suo è un accordo globale e, a detta dello stesso Clooney, gran parte dei suoi proventi vanno a finanziare la sorveglianza via satellite (richiesta dall’attore) sul confine tra il Sudan del Nord e quello del Sud per far sì che il dittatore del sud, Al Bashir, si comporti correttamente. Non aggiungo altro. George ha perso la ragione.

Però io non ce l’ho con lui, né con le altre star come Julia Roberts, che appare negli spot globali di Lancôme. Sono abbinamenti strategici che danno un volto umano, un carattere al prodotto—un prodotto sofisticato e posizionato ai massimi livelli.

Mi danno invece ai nervi attori come Kevin Costner (che si è concesso una marchetta amalfitana per il tonno Rio Mare), Bruce Willis che fa l’imbecille per Vodafone Italia (spot girati in USA con cafonazzi italici importati per l’occasione), Owen Wilson che fa il pagliaccio per il Crodino o la stessa Julia Roberts che viene scambiata per commessa nel negozio flagship Calzedonia di Los Angeles (un punto vendita che in realtà non esiste).

Perché la corsa ai divi di Hollywood? Perché spendere milioni di euro in più per promuovere prodotti e servizi di uso comune? Forse per lusingare gli italiani facendo loro credere di essere diventati consumatori “esperti”? Non mi dite, siamo ora arrivati al rango di mercato sofisticato? Basta con le Ferilli, i Del Piero e i Brignano, nella pubblicità gli italiani si meritano i divi di Ollivud.

Ma se siamo convinti di questo, perché allora gli stessi pubblicitari continuano a spacciarci Carefree o Colgate pronunciati come si scrivono? Siamo consumatori maturi o degli ignoranti che vanno trattati in maniera paternalistica reinventando la pronuncia dell’inglese a loro uso e consumo?

O addirittura traducendo per gli italiani, popolo linguisticamente ritardato, i nomi delle marche e dei brand. Così Schwarzkopf diventa Testanera e Mr Clean qui da noi si chiama Mastro Lindo.

(Se proprio vogliamo cambiare una marca, proviamo a farlo dove si pone un problema reale. Per esempio, nel caso del Tonno Consorcio. Troviamo un nome che non faccia inorridire i puristi del tonno, che lo preferiscono senza sorcio.)