Il titolo, si sa, è la parte più importante dell’articolo.
Serve a riassumere il contenuto e ad attirare l’attenzione del potenziale lettore.
Nell’era in cui i ‘click’ contano, il ruolo del titolo è fondamentale.
Evidentemente, il titolista dell’ANSA ha bigiato la lezione sui titoli alla squola di giornalismo che ha frequentato. O magari è consanguineo di un potente (politico, prete, faccendiere) ed è arrivato a scrivere titoli (male) senza passare dal VIA.
Vi propongo un paio di esempi rivelatori, Il primo è un titolo particolarmente stupido.
Non c’è bisogno di essere vincitori del Pulitzer per capire che sarebbe bastato scrivere “Fermato il marito della donna uccisa a Milano” per produrre un titolo dignitoso e chiaro.
(E magari anche un ritocco alla frase ‘”è stata trovata con alcune coltellate” ci sarebbe voluto.). Bastava aggiungere uccisa.
Ma non finisce qui.
Il dramma interno dell’incapace si rivela nel corso di due edizioni successive dell’ANSA, in cui il titolo della notizia passata inizialmente suonava strano.
Chiaramente questo titolo presenta dei problemi. Siamo al cospetto di un cosiddetto ‘participio sconnesso’.
“Colpito da cassonetto” non ha alcun legame con il soggetto della frase (“il minore”).
Dal titolo si capisce che, dopo essere stato colpito da un cassonetto, un minore è stato accusato di tentato omicidio.
Direi che ci sono tutti gli ingredienti per una giornata nera.
La realtà—come avrete capito—è un’altra.
Il titolista dell’ANSA, terminata la pulizia delle unghie e completata l’esplorazione delle narici con un dito, si rende conto di aver sbagliato qualcosa nel titolo.
Complimenti! Meglio tardi che mai.
Oppure è stato redarguito dal commissario politico di turno che lo informa che il titolo va riscritto perché poco chiaro. (Propendo per questa versione).
Untuoso con i potenti, il titolista si accinge a riscrivere il titolo per un ‘update’ della notizia qualche ora dopo.
Ed è qui, signore e signori, che la brillantezza di questa agenzia scalcinata viene fuori con prepotenza.
Il nuovo titolo aggiunge uno sviluppo alla vicenda ma non risolve il problema di fondo.
Ecco qui che il participio sconnesso rimane, ma spunta il fatto nuovo della confessione.
Il lettore attento al rispetto dei diritti umani e convinto della presunta innocenza di chiunque fino a dimostrazione della sua colpevolezza potrà a buon diritto domandarsi se la confessione del
diciassettenne sia avvenuta a seguito di inaudita violenza.
Colpire un sospettato con un cassonetto non è notoriamente una tecnica di interrogatorio consentita.