Da bambino, la tradizione marinara per cui al comandante è richiesto di affondare con la sua nave mi turbava il sonno. Ero affascinato dal mare e dalle barche, ma quell’aspetto della figura dello skipper mi creava qualche problema.

Sarà stata la stessa cosa, ma in età adulta, per il comandante della Costa Concordia, il quale (a detta di molte fonti) due giorni fa avrebbe abbandonato la nave prima che le operazioni di salvataggio dei suoi passeggeri fossero concluse?
La nave, come è noto, ha urtato una scogliera sommersa al largo dell’Isola del Giglio e si è coricata su un lato a breve distanza da Giglio Porto.
Di affondamento è anche difficile parlare, visto che la nave ancora giace inclinata su un fianco in fondali così bassi da non permetterle di colare a picco nel vero senso del termine. Il numero di vittime (finora indicato in 3) purtroppo non è ancora definitivo, a causa dei numerosi dispersi.

Per quale motivo il comandante avrà deciso di abbandonare la nave, scatenando così ulteriori polemiche sulla sua condotta? Già si parla di un clamoroso errore di navigazione (la nave sarebbe stata diverse miglia fuori rotta) e l’affermazione che gli scogli sommersi non fossero riportati sulle carte nautiche, come avrebbe affermato l’ufficiale, è piuttosto singolare, trattandosi di acque note ai navigatori (e ai cartografi) da tempo immemorabile.

Sui siti Web si parla anche del comandante che sarebbe stato visto bere al bar della nave la sera stessa dell’incidente, ma questa notizia (insignificante per chi abbia un minimo di conoscenza delle crociere) è solo parte di una ridda di informazioni inutili, confuse e scandalistiche messe in pista dal circo mediatico internazionale che si è subito scatenato.
Inevitabile il riferimento al “Titanic” (affondato da quasi un secolo esatto, nell’Aprile 1912) e spuntano anche varie teorie (ancora tutte da dimostrare) sulle cause dell’incidente. L’inglese “Mail Online”, edizione digitale del quotidiano “Daily Mail”, cita alcuni “esperti “ secondo i quali un’”interferenza armonica” potrebbe aver causato un’avaria ai motori e l’impossibilità di governare la nave.

Più semplice, come abbiamo visto, la giustificazione addotta dal comandante, cioè la presenza di scogli non segnalati sulle carte. Non c’è dubbio che il recupero già avvenuto del registratore dei dati di viaggio permetterà di confermare o confutare questa teoria. Basterà infatti confrontarne i dati con le carte nautiche di bordo.

Resta comunque il fatto che il danno, materiale e d’immagine, è irreversibile e incalcolabile. Oltre alla perdita di vite umane, ci sono l’abbandono affrettato della nave da parte del comandante e del primo ufficiale, numerose accuse di una procedura di evacuazione caotica, di scarso addestramento dei marittimi alle emergenze e di scarse o contraddittorie informazioni date ai passeggeri.

Il prodotto crociera è fortemente influenzato da componenti emotive e questa brutta storia del comandante che taglia la corda nel caos generale farà ben più danni di quel basso fondale, segnalato o meno che fosse. Nessuno oggi chiede più al capitano di inabissarsi con il suo vascello, come sembra fece Edward J. Smith un secolo fa con il “Titanic”, ma ci si attenderebbe almeno che il responsabile della nave sia l’ultimo ad abbandonarla, a maggior ragione se un affondamento è impensabile a così pochi metri dalla costa.

Il sospetto di una gestione cialtrona delle responsabilità del comando (errore di rotta, abbandono affrettato della nave,  incapacità di coordinare l’evacuazione, scarso addestramento dell’equipaggio) è piuttosto forte. Ma è ancora troppo presto per un qualsiasi verdetto.