Let’s Go, Brandon

Let’s Go, Brandon

Coloro i quali si affacciano ogni tanto su siti Internet americani avranno forse letto uno slogan che li avrà lasciati perplessi: “Let’s Go Brandon!”, che tradotto liberamente non vuol dire altro che “Forza, Brandon!.”

Niente di più facile però che, una volta tradotto il titolo, la perplessità rimanga. Che vuol dire questo slogan in un contesto politico?

In teoria, niente. Ma in pratica è diventato l’inno di battaglia di chi è contro Joe Biden e la sua amministrazione.

Partiamo dalla genesi di “Let’s Go Brandon.”

LGB nasce dal goffo e squallido tentativo di un’inviata dell’emittente televisiva NBC di travisare il significato (inequivocabile) di un coro proveniente dal pubblico di una corsa automobilistica che urlava “Fuck Joe Biden” (vi risparmio la traduzione).

Ecco i fatti: il 2 Ottobre scorso, un giovane pilota del NASCAR, Brandon Brown, vince una gara a Talladega e viene intervistato a fine corsa dalla reporter Kelli Stavast. La cretina, giornalista convinta del suo ruolo chiave nel negare l’evidenza dei fatti e sostenere la linea politica della sua emittente, cercava di far credere che la folla dicesse “Let’s Go Brandon” invece di “Fuck Joe Biden” (1:05 nel video). Un chiaro esempio di gaslighting, per dirla in gergo politico americano.

Il tentativo fallisce miseramente e, come la proverbiale palla di neve che rotola dalla cima di un monte, LGB diventa un’inarrestabile valanga. In meno di due mesi è diventato l’urlo di guerra non solo di quelli che detestano Joe Biden, ma anche di tanti altri uniti da un meme goliardico che trascende la politica.

Già circolano T-shirt, berretti, bandiere e perfino mascherine con lo slogan che tanto preoccupa la Casa Bianca. Pochi giorni fa, un deputato repubblicano indossava in aula a Washington una mascherina con scritto appunto: “Let’s Go Brandon.” Un altro chiudeva un suo intervento in seduta pubblica declamando la stessa frase.

Il momento è poco propizio per Sleepy Joe, perché sfortuna vuole che quest’urlo coincida con il rapido crollo nella sua popolarità. Se i Repubblicani avessero voluto creare intenzionalmente questo fenomeno, avrebbero dovuto spendere milioni di dollari e rischiare comunque l’insuccesso, mentre invece LGB è nato spontaneamente e da un’emittente pro-Biden, il che rende la faccenda ancora più ironica. Per non parlare delle iniziali LGB, che appartengono storicamente a tutt’altro movimento.

Questo è un interessante commento sul fenomeno da parte di Mike Rowe. Secondo il noto conduttore televisivo, LGB è un moto popolare contro la stampa e i politici quando essi pretendono di negare l’evidenza di quanto avviene sotto gli occhi della popolazione sostenendo che la realtà sia un’altra. “Non puoi dire alla gente che la frontiera [col Messico] è sicura quando le immagini mostrate [dalla TV] rivelano decine di migliaia di persone che si riversano oltre il confine.” dice Rowe, sostenendo inoltre che LGB non è una posizione di parte, bensì una protesta collettiva contro chi vuole imporre la sua narrazione negando ciò che la gente vede chiaramente.

Cinque esempi di slang politico americano

Cinque esempi di slang politico americano

Chi ha seguito sui media USA la serie di eventi politici che hanno scosso l’America negli ultimi mesi avrà probabilmente incontrato una serie di termini di non facile interpretazione.
E sarà forse ricorso invano all’aiuto dei dizionari.

Niente di preoccupante, visto che anche non pochi giornalisti italiani (e prima fra tutti la triste e penosa ANSA) dimostrano di essere in serie difficoltà nel gestire lo slang politico.

Qui ne affronto alcuni esempi, cercando di spiegarne il significato, proponendone una traduzione in italiano e inserendoli anche nel contesto in cui è probabile che siano stati usati.

Gaslighting

Si tratta della pratica impiegata da forze politiche o dalla stampa (la differenza a volte non esiste) per manipolare l’opinione pubblica diffondendo quelle che in italiano chiameremmo “notizie false e tendenziose” fino al punto in cui gli individui oggetto di tale pratica iniziano a dubitare delle convinzioni che avevano finora maturato.

Il termine deriva dal titolo di un vecchio film americano (Gaslight) degli anni 40, in cui un diabolico marito tenta di far impazzire la moglie (Ingrid Bergman) convincendola che le sue percezioni della realtà sono frutto della sua immaginazione.

La differenza tra Spin (vedi la voce seguente) e Gaslighting è che “spin” consiste nel fornire una spiegazione alternativa (e di parte) per determinati eventi. Gaslighting è invece la creazione di una realtà falsa e artificiale, un vero e proprio lavaggio del cervello. Quest’ultima espressione potrebbe rappresentare una valida traduzione in italiano, ma anche il sopracitato manipolare [l’opinione pubblica] può funzionare.

Abbiamo visto un esempio di Gaslighting nell’attività coordinata degli organi di stampa (CNN, MSNBC, New York Times, Washington Post e molti altri) e dei Democrat nel definire come ‘insurrezione armata’ la manifestazione del 6 Gennaio 2021 che vide solo una minoranza dei partecipanti invadere il Campidoglio di Washington. Contemporaneamente, gli stessi politici e giornalisti definivano ‘manifestazioni pacifiche’ le
rivolte che per mesi avevano devastato città come Seattle e Portland, e tutto questo nonostante la diretta TV mostrasse sullo sfondo le evidenze di scontri violenti, sparatorie, incendi e saccheggi.

Spin

E’ l’attività degli uffici stampa, dei portavoce dei politici e dei giornalisti-attivisti, quando questi ultimi decidono di fornire una mirata e strumentale interpretazione della notizia, piuttosto che limitarsi a riportare i fatti. Un esempio è dato dalle contorsioni verbali in cui si sono prodotti certa stampa e lo staff di Joe Biden per giustificare il penoso livello di entusiasmo generato dal candidato durante la sua inesistente campagna elettorale.

In italiano ci sarebbe un verbo che può descrivere questa pratica (rigirare), ma temo che per il sostantivo ci si debba accontentare di gabola, maneggio o travisamento.

Può anche darsi che qui Rocco Casalino ci possa aiutare a trovare il termine giusto.

Whataboutism

Il termine, che risale agli anni 70, si riferisce a una tecnica usata nella retorica politica. Quando si rivela impossibile contestare le accuse dell’avversario, si accusa lui o altri di essere degli ipocriti per aver commesso le medesime azioni. In altre parole, si giustifica la propria condotta sostenendo che non c’è niente di male, visto che tanti altri (e magari anche lo stesso accusatore) fanno altrettanto.

In tempi recentissimi, la tecnica è stata usata dai sostenitori di Trump per difendersi dalla pioggia di accuse seguita al famigerato ‘assalto’ al Campidoglio.

“What about Antifa?” è una frase che si è sentita più volte. (“E allora Antifa?”)

Qui non mi azzardo a proporre una traduzione del termine Whataboutism, ma mi limito solo a tradurre una frase che lo evidenzia.

Astroturf

Astroturf è un’azienda americana che produce erba artificiale per stadi, campi da tennis ecc.

E allora, che cosa c’entra la politica?

Un attimo di pazienza. Occorre stabilire prima di tutto un collegamento con l’espressione (più nota) grassroots, che sta a indicare un movimento popolare spontaneo, un’iniziativa che nasce dagli stessi cittadini ed elettori (letteralmente dalle radici).

Quindi, se grassroots definisce un movimento nato spontaneamente dalla gente, Astroturf (che è erba artificiale) indica una finta iniziativa popolare, un sostegno da parte della gente che in realtà non c’è, perché è inventato e sintetico. (E purtroppo ci dobbiamo accontentare di questi aggettivi per la traduzione).

Torniamo ora, per portare un esempio, alle striminzite folle che assistevano ai pochi e imbarazzanti comizi di Joe Biden, prima che decidesse di farla finita del tutto con quelle pagliacciate, alle quali solo i suoi fedelissimi (compresa CNN e gli altri soliti sospetti) tenevano gioco.

Il supporto popolare per Joe è stato un chiaro esempio di Astroturfing, anche se non so quanti ci hanno veramente creduto.

Dumpster fire

Il dumpster in America (in Inghilterra lo chiamano skip) è un contenitore metallico di dimensioni superiori al cassonetto. In Italia si chiama tecnicamente cassone scarrabile.

In gergo, dumpster fire indica una situazione disastrosa, un evento negativo che è ulteriormente peggiorato (spesso per incapacità o indecisione nel gestirlo), come è appunto il caso di un cassone di rifiuti che va a fuoco.

Un esempio di dumpster fire fu il primo dibattito televisivo tra Trump e Biden, degenerato in rissa anche per l’ingerenza del moderatore, il giornalista-attivista Chris Wallace, che si mise a discutere animatamente col presidente, malgrado avesse promesso prima del dibattito di mantenere un profilo basso.

Come tradurre dumpster fire?

Parapiglia, caos, pandemonio, papocchio, frittata e chi più ne ha più ne metta.

Peccato che nessuno di questi evochi adeguatamente l’immagine colorita e drammatica di un maleodorante incendio di rifiuti.