Ho appena finito di leggere un libro che mi ha molto deluso. Si tratta di Blunders in International Business di David A. Ricks.
Dal titolo mi aspettavo un’analisi attenta e circostanziata delle ragioni per cui molte aziende multinazionali combinano dei guai quando non tengono conto delle differenze culturali nei Paesi in cui vanno a operare. In realtà, qualche storia di disastri il libro la contiene, ma si tratta in gran parte di storie che risalgono agli anni 60.

Inoltre, per comprensibili ragioni legali, in molti casi l’autore non rivela né il nome delle aziende coinvolte, né il Paese in cui si sono svolti i fatti né racconta chiaramente i fatti stessi. E’ chiaro che sono solo tempo e soldi buttati quando si compra un libro pieno al 70% di frasi del tipo “una grande azienda multinazionale ebbe grossi problemi in un Paese dell’Estremo Oriente per non aver fatto i conti con la cultura locale.” Ma va? Chi l’avrebbe mai detto?
Inoltre, sembra che molte delle storie citate siano apocrife o tramandate di bocca in bocca da decenni, per cui la loro attendibilità lascia parecchio a desiderare. Insomma, si tratta di materiale più adatto a fare battute di spirito che di “case history” da trattare più seriamente.

Peccato, mi aspettavo anche di leggere di fiaschi clamorosi più recenti, come quello celebre della Mitsubishi, che ha chiamato Pajero un suo popolare fuoristrada venduto in tutto il mondo, per scoprire a posteriori che in lingua spagnola il termine definiva qualcuno dedito allo “sport solitario”. Ecco quindi il “rebadging” del mezzo come Montero nei mercati dove il nome poteva suscitare ilarità e scarso gradimento.
Sempre la Mitsubishi ne ha fatta un’altra battezzando “Fuso” un’intera divisione che produce camion. Sotto il link “Chi siamo”, il suo sito Web proclama con orgoglio Fuso in Italia e Fuso in Europa, non certo una frase di buon auspicio. Il brand risale addirittura al 1932 e si ispira al nome cinese dell’ibisco. L’Italia non è certo un mercato primario per questi mezzi e nessuno ha quindi ritenuto opportuno cambiarne il nome.

Altri classici esempi di nomi poco azzeccati nel nostro mercato ce li offrono la Volkswagen, con i modelli Jetta e Bora, che da decenni provocano una certa ilarità, seguita dalla coreana KIA con la Cerato e la Picanto, due nomi vagamente italiani o iberici ma che qui da noi suonano piuttosto stupidi. Già il nome KIA non è il massimo quanto a internazionalità. Il nome deriva dalla combinazione del carattere cinese Ki con la A di Asia e vuole significare “che sorge in Asia”. Sfortunatamente, in inglese KIA è l’abbreviazione di Killed in Action ed è difficile non pensare agli oltre 38.000 soldati di lingua inglese morti durante la guerra di Corea.

Quando la Fiat creò la Ritmo (una delle auto più oscene della storia), qualcuno si rese conto che in USA e negli altri Paesi anglofoni il nome avrebbe ricordato troppo da vicino il rhythm method, il metodo contraccettivo anche noto come Ogino-Knaus, per cui la bagnarola fu ribattezzata Strada per quei mercati, dove contribuì con le sue magagne (la ruggine prima di tutte) a consolidare la fama del gruppo torinese.

Sempre vicino a noi, nella turistica Svizzera, le Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi hanno ovviamente adottato l’abbreviazione FART, che però in inglese vuol dire flatulenza. Immagino le migliaia di turisti anglofoni divertiti che si fanno fotografare ogni anno a fianco del loro pullman o treno con il suo bel logo blu. 

Un altro disastro mancato (anch’esso assente dal libro di Ricks) è la bevanda analcolica francese Pschitt. Questa è una delle prime bevande frizzanti francesi e fu creata da Perrier nel 1954. Il nome è chiaramente onomatopeico e ricorda il suono che fa la bottiglia quando viene stappata. L’attuale proprietario del marchio, il Neptune Group, non ha comunque in programma di esportarla in Paesi anglofoni, dove un rebranding si renderebbe molto opportuno.

Né un’altra storica bevanda francese, chiamata Lorina, viene distribuita da noi o in Spagna, perché qualcuno avrà fatto diligentemente i compiti e capito che il prodotto non avrebbe vita facile.