Da alcune notti mi perseguita lo stesso incubo: mi ritrovo intrappolato in una nave passeggeri che affonda.
Ho seguito giorno dopo giorno tutta la vicenda della Costa Concordia in TV, sui giornali e sui siti Web italiani ed esteri ed è evidente che continuo a elaborare quelle notizie e quelle immagini anche nel sonno.
In passato ho lavorato su navi passeggeri e viaggiato per migliaia di miglia nautiche in ogni tipo di unità da crociera e traghetto. Durante questi viaggi ho incontrato condizioni meteo di ogni tipo e conosco bene la pratica dell’inchino, quello “serio” però.*
Ho la grande fortuna di non soffrire il mare e riesco a dormire anche quando la cabina sembra fare le montagne russe sulle onde. In più, mi oriento piuttosto bene all’interno delle navi e per questo non ho veramente mai avuto paura di restare intrappolato all’interno in caso di incidente e di affondamento.
Il dramma però è che in questo incubo ricorrente mi ritrovo nei panni di un passeggero sprovveduto e spaventato, qualcuno che in mare e su una nave è fuori dal suo elemento, una persona che forse non sa nuotare e finisce presto nel panico, un povero diavolo che rimane frastornato quando gli parlano in una lingua che non è la sua.
Una nave da crociera è una torre di Babele, alle istruzioni dell’equipaggio si sovrappongono le voci dei passeggeri in tante lingue diverse. E’ un ambiente poco familiare, un dedalo di scale, porte, corridoi. Specialmente poi se ci sei salito per la prima volta solo due ore prima.
Sei confuso, la nave è inclinata, la gente affolla i corridoi e urla, l’altoparlante parla di un guasto elettrico, intanto vedi passeggeri che indossano il giubbotto salvagente ma non sai perché. Corri in una direzione per guadagnare l’uscita sul ponte, l’aria libera, il cielo. Qualcuno che corre in senso opposto ti urla qualcosa “No, don’t go there” oppure “No vayas para allá”, ma tu non lo capisci e ormai è il panico che ti fa muovere le gambe e battere il cuore in gola. Hai smesso di funzionare come essere ragionevole e segui i comandi del cervello primordiale.
Apri due porte, percorri due corridoi e improvvisamente ti sei perso. Manca la corrente, sei solo nel buio più completo, la nave continua a inclinarsi e improvvisamente ti ritrovi intrappolato con l’acqua che sale inesorabile.
Mi sveglio di colpo bagnato di sudore. Il mondo reale mi segnala che tutto va bene: sono in casa, nel mio letto, vedo attraverso le tendine il bagliore delle luci stradali, tutto è verticale e non sento rumori.
Sono salvo, ma non riesco più a riprendere sonno. Il pensiero di tante morti assurde come quella che ho appena sognato mi attanaglia la gola e mi toglie il respiro.
Non è giusto morire così per la bravata di un guappo patetico che ha dimostrato la forza d’animo di un bambino di dieci anni e l’integrità morale di uno scippatore.
* L’inchino è un cambio di rotta deciso dal comandante per viaggiare sottocosta cercando riparo dal vento e dal moto ondoso che questo crea. Tipico dei nostri mari è l’inchino al Leone. Quando soffia il maestrale (vento di Nord-Ovest) lungo la Valle del Rodano, il Golfo del Leone (che si trova tra Marsiglia e il confine spagnolo) diventa un tratto di mare molto difficile, con condizioni spesso proibitive. Da tempo immemorabile, le navi che attraversano il golfo cercano rifugio a ridosso della costa, dove il mare è meno agitato.