Sono di nuovo al Cairo e Mohammed, il mio amico tassista, è di nuovo la mia guida.
Gli ho annunciato che domani mattina dovremo partire per Alessandria, perché ho degli incontri in zona.
Ce la farà quel rudere della sua Fiat 1100 ad andare e tornare?
Con tono solenne, Mohammed mi promette: “Dumorroh, spesial car!”
Non riesco a tirargli fuori ulteriori dettagli. Bè, mi dico, magari è un’Audi A8.
Questa sera si mangia leggero e niente uscite notturne. Domani abbiamo deciso di partire alle 6:00, ma se rientriamo abbastanza presto voglio regalarmi una cena al Sabaya, il raffinato ristorante libanese del mio albergo.
Alle 6:00 sono in strada. Manca poco all’alba ma, a giudicare dal coro dei clacson, la città è già vibrante di attività.
Mohammed mi viene incontro con una faccia da poker e mi indica la macchina che ci porterà ad Alessandria: è la solita Fiat 1100 bianca e nera.
“Spesial car not possibul” è tutto quello che ha da dire. Maalesh, pazienza, penso io. Basta che questa vecchia carretta ci riporti a casa.
Usciamo spediti dal Cairo e cominciamo a macinare chilometri sulla Desert Road alla nostra andatura di 80-90 kmh. Il sole sta sorgendo e illumina il deserto con effetti bellissimi.
I 220 km che separano Cairo da Alessandria sono costellati di basi militari dalle mura altissime, piccole comunità agricole e baracche che vendono di tutto, dalla frutta ai pneumatici. Il resto è sabbia.
Ci fermiamo per un caffè in una specie di area di servizio. Fin qui, il viaggio è stato privo di sorprese. Il primo appuntamento di oggi è a Borg El Arab City, mezz’ora prima di Alessandria. Arriviamo in anticipo, così decidiamo di fare benzina per il ritorno.
Ad Alessandria esco dal mio ultimo colloquio poco dopo le 17:00, il tempo è buono e il traffico non particolarmente intenso. Vedo la mia cena libanese diventare sempre più probabile e provo a fare una lista dei mezzeh, gli antipasti, da ordinare.
Ma ci troviamo ancora alla periferia di Alessandria e sta facendo buio quando la Fiat 1100 comincia a ondeggiare. Abbiamo forato la gomma posteriore sinistra.
Mohammed insiste per cambiare la gomma da solo, ma io sono abbastanza esperto e in due dovremmo fare prima. Mentre il traffico ci sfiora a pochi centimetri di distanza, smontiamo il vetusto pneumatico forato e montiamo quello di scorta. È liscio come una caciotta, ma è tutto quello che c’è.
Si riparte che è buio e la Desert Road si perde nell’oscurità davanti a noi. Il rumore delle gomme sull’asfalto e le vibrazioni dell’antico taxi mi fanno quasi addormentare. È stata una giornata interessante e sono soddisfatto. Un sussulto della macchina mi fa spalancare gli occhi. Il motore comincia a perdere colpi. Sembra di andare a tre cilindri, anzi ora a due. La macchina si ferma.
Con Mohammed iniziamo ad armeggiare nel motore alla luce di una torcia elettrica morente. Smontiamo le candele. Per fortuna, la Fiat 1100 ha un motore giurassico in cui tutto è in bella vista.
Le candele sembrano in ordine, le rimontiamo e la macchina riparte.
Mentre ci domandiamo quale possa essere stata la causa del problema, la Fiat riprende a camminare a strappi. Altra sosta, altro smonta e rimonta.
Abbiamo ora il sospetto di aver fatto un pieno di benzina mista ad acqua fuori Alessandria. Ma aver individuato la causa del problema non ci aiuta. Dobbiamo arrivare al Cairo e mancano ancora 110 km.
Ho perso il conto di quante volte ci siamo dovuti fermare al lato della strada. La Fiat 1100 muore definitivamente al casello di Abu Rawash, circa mezz’ora fuori città. Le ultime volte l’abbiamo fatta partire a spinta perché la batteria era ormai a terra. Addio cena libanese, maalesh. Sto diventando fatalista anche io.
È quasi mezzanotte e decidiamo di mangiare qualcosa a un fast-food dall’altra parte della strada. Il fratello di Mohammed, tassista anche lui, è in arrivo con la sua macchina (“new car” dice Mohammed. Tutto è relativo: la macchina nuova si rivela infatti un clone della Fiat Regata fatto in Turchia.) Mentre il fratello resta a guardia della 1100, Mohammed mi accompagna in albergo e poi ritorna a trafficare sulla sua Fiat. I due finiranno di lavorarci alle 4:00, dopo aver svuotato il serbatoio e smontato il carburatore.
Ma alle 8:00, Mohammed è di nuovo in attesa davanti al mio hotel. Anche la 1100 è lì, pronta a riprendere servizio e il suo motore ronza regolare come se fosse nuovo.