Il Bar dei Grandi Criminali della Storia è un locale privato molto mal frequentato (già il nome la dice lunga) in una nota città della Svizzera che ha ospitato volentieri per decenni anche i loro conti in banca.

In una fredda mattinata di Ottobre, dopo aver appunto sbrigato un paio di faccende con il suo banchiere personale, Muammar entra nel bar. Lo accoglie l’atmosfera calda e densa di tabacco di un fümoar, come lo chiamano qui, un circolo di fumatori che sfugge al divieto svizzero in vigore negli altri locali pubblici.

Si toglie il cappottone beduino di lana grezza e si rivolge in italiano al barista: “Benito, portami un cappuccino bollente e un Obstler alla pera ” e si siede a un tavolo libero dove sono stati appoggiati alcuni quotidiani spiegazzati.

In prima pagina c’è un reportage sui fatti di Roma che titola: “Tag der Empörung”, il giorno dell’indignazione. Muammar scorre lentamente con un dito le righe dell’articolo; non è molto forte in tedesco ma la storia è chiara e poi l’ha già vista in TV. Gli tornano alla mente le manifestazioni della primavera islamica e i recenti sviluppi in Libia e scuote la testa preso dai suoi ricordi.

Interrompe i suoi pensieri una densa fumata fetida proveniente dal tavolo a fianco, un vecchio russo di bassa statura e con i baffoni grigi si è acceso una sigaretta senza filtro.

“Josef, ma non fumavi la pipa tu?” chiede Muammar.

“La pipa la fumavo solo nelle foto ufficiali, ho sempre fumato sigarette. Troppe…” risponde il russo, gettando un occhio sulla prima pagina del giornale. “Lo sai – aggiunge seguendo un’associazione di idee tutta sua – che l’anno scorso hanno tirato giù la mia statua dalla città dove sono nato in Georgia? A me, Padre delle Nazioni e Brillante Architetto del Comunismo?”

“Bè – risponde Muammar – è toccato a tutti noi, chiedi a Saddam quando si degna di farsi vivo. Il popolo è ingrato e ignorante, tutto qui. A me hanno tirato giù statue e manifesti  e bruciato migliaia di copie del Libro Verde”.

“Se pensi che in Cina invece – aggiunge il russo dopo una serie di colpi di tosse – il Libro Rosso di Mao si trova ancora dappertutto. E il cinese ha fatto più milioni di morti di me, come non smette mai di ricordarmi. E se vuoi comprare un suo busto di coccio, non c’è mercatino in Cina che non ne abbia uno…”

“Perfino quel libraccio senza valore di Adolf si trova ancora – interrompe Muammar schifato – e ce n’è in giro una montagna di edizioni diverse. Lo puoi perfino comprare su Amazon e, dal 2016 potrà essere di nuovo pubblicato in Germania perché scadono i diritti d’autore.”

Il russo si alza di scatto e urla verso la cucina: “Omar che si mangia oggi?”

Si affaccia un tipo barbuto senza un occhio e risponde: “Spiedini di agnello con riso, come sempre”.

“Mai che facessero cucinare Mao o Benito – protesta Josef – almeno avremmo un po’ di varietà nel menu. Ai tempi miei, quelli come Omar al massimo gli lasciavamo lavare i piatti.” Poi, preso da un attacco di tosse, si piega in due, si siede lentamente e accende un’altra Belomorkanal senza filtro.

Muammar ritorna al suo giornale e al bicchierino di Obstler. Questa conversazione è ricorrente e non va mai da nessuna parte. “La verità è – riflette sconsolato – che il tempo dei veri leader è finito.”