Il mondo oggi è una gabbia di vetro. Secoli fa, sbarrate le frontiere e cacciati gli ospiti indesiderati, nulla traspariva all’esterno di un Paese chiuso nel suo guscio. In tempi più recenti, nel XX Secolo, la censura sulle emissioni radiotelevisive e il bavaglio alla stampa hanno sortito effetti pressoché identici in molti Paesi retti da regimi totalitari.
Oggi però, l’accesso generalizzato a una vasta gamma di mezzi di comunicazione (pensate ai messaggi su Twitter durante le recenti rivolte di piazza in Iran) permette alla gente comune di superare le restrizioni dei regimi totalitari.
A maggior ragione, Paesi dalle frontiere aperte e che trasmettono i loro programmi televisivi via satellite proiettano all’esterno un’immagine di sé che, all’osservatore attento, ne rivela il carattere nazionale e le regole di comportamento in essere al loro interno.
Quanto segue è apparso su un quotidiano canadese e riguarda l’immagine dell’Italia percepita in quel Paese. Fin qui, niente di nuovo. Siamo tristemente abituati a leggere di noi su giornali stranieri. A volte si tratta di analisi precise e imparziali, altre volte è solo un imbecille impreparato che fa un collage di luoghi comuni. Ma non cambia nulla, basta gettare ridicolo sull’Italia per essere creduti da molti.
Questa volta però, a parlare di noi è un italiano: un giornalista di origine istriana che vive a Montreal da quarant’anni e scrive per un giornale locale in lingua italiana. Si può dare peso o meno alle sue parole, si possono condividere o deplorare le sue argomentazioni e conclusioni. È innegabile però che la sua analisi colga spesso nel segno.
Attori e spettatori nel teatrino Italia
Non è facile dare un ritratto sintetico dell’Italia così barocca e confusionaria con la sua quotidiana isteria mediatica, il moralismo, le denunce, l’allarmismo, il catastrofismo, i fatti di cronaca nera ingigantiti all’eccesso, le nuove sentenze che ribaltano le precedenti, la dietrologia ad ogni costo, il riesumare all’infinito i fatti del passato senza mai girare pagina, l’antifascismo – a babbo morto – come professione e carriera, le polemiche, l’urlare… Un punto solo vorrei mettere in evidenza: questo teatrino non avviene a danno e a spese degli italiani per chissà quale disegno diabolico di forze oscure, come invece tanti in Italia sostengono. Sono italiani, infatti, sia gli attori sia gli avidi spettatori di questo grottesco teatrino delle urla e dell’isteria. Basti vedere cos’è una discussione tra italiani anche in TV: mai pacata, sempre esagerata. Parlano, anzi urlano tutti insieme, perché tutti vogliono aver ragione.
Nella penisola, tutti – o quasi – hanno il culto della furbizia e predicano bene e razzolano male. Sono portati all’indisciplina… Fanno il tifo contro o pro Berlusconi. Sono indisciplinati e non rispettano il segnale stradale di stop. Per molti di loro l’allacciarsi la cintura è un vero atto contro natura. Ma contemporaneamente tutti catoneggiano, denunciando le ingiustizie del pianeta Terra, in genere, e in particolare l’indisciplina, la furbizia e l’immoralità degli altri italiani…
E che dire dei grotteschi programmi di discussione in TV, sorta di Bar dello Sport nazionale, dove tutti vogliono aver ragione? Questi programmi condotti da imbonitori da fiera con laurea, che accusano e moralizzano tra cosce, tette e chiappe di false bionde discinte, sono seguiti avidamente dagli italiani, i quali – secondo me – dovrebbero invece tirare la catena su questa televisione che li sputtana attraverso il globo. Ma, purtroppo, gli italiani sono costituzionalmente incapaci di avvertirne il ridicolo, a causa di una carenza atavica di dignità nazionale.
Claudio Antonelli