Lo dico subito. Guida alla sopravvivenza in India è forse un titolo un po’ pretenzioso; per realizzare una vera guida ad uso dei visitatori del subcontinente indiano ci vorrebbero mesi di lavoro e centinaia di pagine. Qui posso solo raccogliere una serie di considerazioni legate a un particolare itinerario che ci ha visti arrivare a Mumbai, proseguire per Delhi, fare un’escursione di un giorno ad Agra (per il famoso Taj Mahal), volare su Goa e, alla fine del programma, rientrare a Mumbai per prendere il volo del ritorno in Europa.

Visti. L’esperienza India comincia già in Italia, quando si fa conoscenza con la perversa burocrazia indiana all’atto di richiedere il visto. La procedura è rigorosamente online e particolarmente bizantina. Costo dell’operazione: 68 Euro, di cui 50 vanno alla rappresentanza diplomatica indiana e il resto alla società di servizi (molto “vicina” al consolato) che ha in appalto esclusivo questa lucrativa attività. Il visto non vi esime dal dover compilare un altro mega-modulo in aereo per poi consegnarlo a un poliziotto dall’aria severa e scostante quando sarete atterrati.

Taxi. Arrivati in India, tipicamente in ora serale avanzata, l’impatto con il caos e le folle vocianti è forte. Si rischia di uscire dall’aeroporto rintontiti e salire sul primo taxi, finendo inevitabilmente per essere spennati, anche se l’albergo richiesto è a pochi minuti di distanza. Benvenuti in India: il tassista rapace è una costante che vi accompagnerà dovunque. Se ne lamentano gli stessi indiani, anche se per noi europei l’ordine di grandezza delle fregature è moltiplicato per dieci. Anche se prenderete un taxi in città concordando prima la tariffa, l’ammontare aumenterà al momento di scendere. Questo vale anche per i tuk-tuk e perfino per i risciò a pedali. La caccia al turista è aperta tutto l’anno. Abituatevi all’idea (o non andate in India).

Quando si è ancora in aeroporto, meglio cercare lo sportello dei “pre-paid taxi”, dove si paga in anticipo in base alla destinazione e non resta che dare una mancia al tassista (se volete) al momento dell’arrivo. Mentre vi accingete a salire in macchina spunteranno dei volenterosi che aiuteranno il tassista a sistemare le valigie, chiedendo poi la mancia a voi. Per questo è meglio avere sempre una dotazione generosa di biglietti da 10 o 20 Rupie da elargire (14 o 28 centesimi di Euro).  In molti aeroporti, la tariffa varia tra taxi normali e quelli con una parvenza di aria condizionata (“cool taxi”) ma è roba di poco. Un “cool taxi” sarà una vetturetta asiatica abbastanza recente, gli altri taxi sono invece vetuste Fiat 1100 o Hindustan Ambassador di 50 o 60 anni fa.

In albergo, potrete fidarvi in misura direttamente proporzionale al numero di stelle. In un cinque stelle, troverete del personale cortese e ben addestrato, pronto ad accettare mance ma non a tartassarvi in questo senso. Scendendo di livello aumenta il rischio di fregature e piccoli taglieggi. Oltre al servizio scadente, beninteso.
Vi verrà spesso offerta un’auto con autista quando chiederete di chiamarvi un taxi; qui la differenza di prezzo è di oltre il 100%. Non crediate però che l’auto dell’albergo sia un rifugio sicuro dai taglieggi. Anche l’autista dell’albergo (che spesso è un normale noleggiatore e non un dipendente) cercherà di portarvi nei negozi con i quali è “convenzionato”.  Qui serve un intervento deciso. Un sonoro e secco “No!” (parola che in India non si usa), proprio per la sua perentorietà sortirà l’effetto desiderato.

L’albergo (anche di alto lignaggio) vi fregherà quasi sicuramente sul cambio. Invece di addebitare la vostra carta di credito in Rupie e lasciare che la società emittente faccia la conversione in Euro, vi verrà applicato un tasso di cambio arbitrario che è svantaggioso per voi nella misura del 6-7%. Guardate bene lo scontrino da firmare. In realtà c’è scritto che potete rifiutare quel cambio e insistere per essere addebitati in Rupie, ma tutti scuoteranno la testa dicendovi che non si può fare.  Di norma, avrete un volo da prendere o un taxi che vi aspetta e – davanti al muro di gomma degli indiani – vi lascerete fregare come tutti quelli prima e dopo di voi.

I monumenti hanno prezzi d’ingresso diversi. Se siete turisti stranieri pagherete 25 volte di più dei locali. Non è tanto una questione di soldi (alla fine la visita al Taj Mahal – che non si può non vedere – costa appena di più di 10 Euro) ma il continuo e legalizzato principio di saccheggio del turista è una pratica che fa ribollire il sangue.

Altre avvertenze. L’avrete sentito dire mille volte di non bere l’acqua del rubinetto, di non mangiare verdura non cotta e di non comprare cibo in strada. E’ tutto vero. In alcuni luoghi turistici, delle bancarelle vendono bottiglie di acqua minerale. Accertatevi che il tappo sia sigillato, altrimenti berrete acqua del rubinetto (o peggio) versata in una bottiglia vuota. Può bastare un episodio come questo a rovinarvi il viaggio per i problemi intestinali che causerà.

Aeroporti. Gli aeroporti principali (specialmente quelli di Delhi e a Mumbai) sono di buon livello, ma la cortesia del personale dipende dl tipo e dalla qualità dell’addestramento ricevuto. L’atteggiamento di default è la scortesia e la supponenza, cosa che si verifica regolarmente negli incontri con il personale addetto alla sicurezza e all’immigrazione. Qui, l’attenzione al passeggero è un concetto inesistente, frutto della scarsa preparazione e della profonda ignoranza degli addetti. Il problema esiste anche da noi, quindi nessuna sorpresa. Le assistenti di volo di IndiGo, compagnia low-cost indiana, sono delle principessine agli occhi delle altre ragazze che non hanno passato la selezione. Questo, giustamente, le autorizza a trattare a pesci in faccia i passeggeri. Ma gli aerei sono moderni e le tariffe piuttosto economiche.

Sicurezza. Perfino lo Starbucks di Mumbai ha un metal detector all’ingresso, così come gli alberghi di un certo livello e le stazioni della metropolitana di Delhi. Uomini e donne hanno file separate, perché in India uomini e donne non sono sullo stesso piano come cittadini. Sarà dura farci l’abitudine, ma è così.
Il livello di sicurezza è comunque scarso. Questi controlli hanno solo finalità cosmetiche, nonostante i toni bruschi e arcigni dei militari che li conducono. Un gruppo di due o tre terroristi appena più attenti e organizzati degli addetti alla sicurezza (e ci vuole poco) non avrebbe difficoltà a sopraffarli in pochi secondi. Nella centralissima stazione Rajiv Chowk della metropolitana di Delhi, nell’atrio della biglietteria, c’è un posto di controllo attraverso il quale transitano migliaia di persone ogni ora. A fianco, c’è un riparo fatto di sacchetti di sabbia nel quale un soldato armato di AK-47 fa fatica a stare sveglio. Non c’è bisogno di essere Chuck Norris per travolgere questa patetica parvenza di sicurezza in pochi secondi.

Come tante altre volte in India, una parvenza di [cortesia / servizio / onestà / attenzione al cliente / pulizia / manutenzione / sicurezza / legalità – scegliete voi la parola del caso] è tutto quello che riceverete.

Ma il Taj Mahal è stupendo. Alla fine, per vederlo vale la pena di sopportare tutto quanto sopra.