Viaggio lampo in Germania. Alle 9.20 del mattino già tocco terra a Stoccarda dopo un rapido volo sopra le Alpi che, alla luce del sole mattutino, sembrano delle meringhe giganti.

L’aereo è un Fokker 100 della consociata di Lufthansa, un aeromobile abbastanza stagionato ma in condizioni da concorso nonostante gli almeno 15 anni.

Durante il volo getto un’occhiata al giornale. In mezzo alle non-notizie politiche italiane (il tale ammonisce, l’altro controbatte ma nel teatrino nulla cambia) compare un articolo sull’attuale situazione dei maggiori costruttori di aerei commerciali dopo un paio di clamorosi mancati incidenti dovuti a problemi tecnici.

Lo scriba non sa resistere alla tentazione di scadere nel sensazionale. L’articolo si intitola I giganti dell’aria sono deboli, o qualche altra banalità del genere, ed esordisce con il commento di un passeggero dell’ormai celebre Airbus A380 Qantas che racconta terrorizzato l’emergenza al motore di qualche giorno fa. Senza voler sminuire la gravità del fatto, basta intervistare qualunque passeggero dopo il più innocuo dei vuoti d’aria e i commenti saranno invariabilmente melodrammatici.” Ho creduto di morire”; “Mi sono detto questa volta siamo spacciati”; “Ho stretto la mano di mia figlia e ho chiuso gli occhi pregando”, “È stato un miracolo” e altre mistiche rivelazioni.

È un fatto noto che i mammiferi non sappiano volare. Quasi tutti vanno in aereo, ma dietro quella maschera di studiata indifferenza si nasconde la paura di chi non è nato con le ali eppure deve alzarsi in volo.

Il cronista di mestiere si arrampica e fa leva su questo timore innato tessendo una trama di tecnologie rischiose, di aerei esageratamente lussuosi (ma forse si confonde con le navi da crociera) e delle colpe degli avidi fabbricanti, lanciati a sua detta in un’assurda gara per il primato a tutto discapito di chi vola.

E allora, a giustificare la sua retorica complottista, eccolo collegare i puntini di un disegno che esiste solo nella sua testa. I ritardi del nuovo programma Boeing 787 Dreamliner sono messi in collegamento con un’avaria motore di un vecchio Boeing 767. Stiamo parlando di due generazioni diverse, il 787 è un aereo del futuro che deve ancora entrare in servizio. Il 767 è uscito per la prima volta dagli hangar Boeing nell’Agosto 1981. Lo so perché quel giorno indimenticabile c’ero anche io a Seattle e ne conservo un ricordo magico.

Che senso ha dipingere un quadro tanto catastrofico?

Tutti sappiamo che la paura vende più copie dei messaggi rassicuranti. La gente quindi divorerà l’articolo credendo a ogni parola. Quando si fa leva sui timori atavici l’attenzione del pubblico è massima.

L’italiano medio, confortato nella sua profonda convinzione che volare sia un enorme rischio, salirà oggi in auto e si lancerà a fare lo slalom in autostrada convinto invece della sua automobilistica immortalità.