Segue da “Vita di bordo”, Maggio 2012

Dopo un intervallo di qualche mese, riparte la saga della vecchia (e ora demolita) TSS Delos, ovvero come l’italiano andava in crociera 40 anni fa.

Un giorno, mentre percorriamo lo stretto canale di Corinto (solo 25 metri tra i suoi ripidi bordi) l’impianto di raffreddamento della nave pesca qualche detrito dall’acqua sporca del canale, forse l’immancabile sacchetto di plastica, che percorre le tubature fino a intasarne una. In pochi minuti salta una conduttura, non so se dal lato caldaie (cosa più probabile)  o da quello delle tre vetuste turbine Rateau che spingono la Delos dal 1949, quando ancora si chiamava Azemmour e viaggiava tra la Francia e il Maghreb.

La nave, che come sempre percorre i 6 km del canale trainata da un rimorchiatore, ora entra ancora una volta nelle placide acque del Golfo Saronico, ma questa volta ferma le macchine dopo aver calato le ancore davanti al villaggio di Palaio Kalamaki. Il problema è serio e occorre far arrivare dei pezzi di ricambio da Atene. Dalla nave vediamo la statale che porta alla capitale, lontana 80 km in direzione Sud-Est, ma ci vorranno parecchie ore prima che i ricambi siano a bordo e vengano montati. Intanto le macchine devono raffreddarsi per consentire le riparazioni.

Sulla nave fa un gran caldo, visto che anche l’aria condizionata non funziona, e la gente comincia a protestare.

Teniamo un rapido consiglio di guerra nell’ufficio del Cruise Director e decidiamo di regalare ai passeggeri un’escursione a Epidauro, nel Peloponneso, che dista meno di un’ora da Palaio Kalamaki. Per radio vengono chiamati i pullman del nostro partner greco che cura le escursioni e dopo circa due ore li vediamo arrivare sul litorale. Intanto, l’unico sistema per portare a terra i passeggeri è usare le scialuppe di salvataggio.

La gente è divertita e si gode lo spettacolo mentre l’equipaggio prova a calare le scialuppe. Molte delle gru si inceppano a causa della cattiva manutenzione, ma il pensiero che questo avrebbe potuto verificarsi in un momento di emergenza non turba l’allegria generale. Fioccano senza sosta le fotografie dei passeggeri che sorridono indossando i loro giubbotti di salvataggio e l’umore si risolleva subito.

Mentre le gente si arrampica sulle rovine di Epidauro, a bordo facciamo due conti. A sera avremo perso un’intera giornata di navigazione e occorre recuperarla in qualche modo. Si propone di saltare Istanbul, il punto più lontano dell’itinerario, ma ci sarà di sicuro una rivolta a bordo. La città turca a cavallo tra Europa e Asia è il sogno di tutti e nessuno vuole rinunciarvi.

La nostra strada del ritorno prevede soste a Corfù, Brindisi, Dubrovnik e Ancona. La crociera si conclude di norma nel capoluogo marchigiano con la discesa di tutti i passeggeri: gli italiani diretti a casa e gli inglesi diretti a Rimini, dove un nuovissimo Lockheed TriStar L-1011 della Court Line li riporterà in patria.

Si decide di far finire la crociera a Dubrovnik, dirottando l’aereo inglese sulla Jugoslavia per portare lì il nuovo carico di passeggeri e riportare indietro quelli sbarcati dalla Delos. Per gli italiani (di cui molti non gradiscono l’idea di prendere un aereo per tornare a casa) si mobilitano un paio di aerei dell’Itavia, che voleranno da Ancona a Dubrovnik e viceversa.

Gli aerei Itavia sono i turboelica Herald, molto simili al più popolare Fokker F-27, ma comunque sgraditi a gran parte dei passeggeri perché piccoli e spinti da eliche. “Ero venuto in crociera per non dover prendere l’aereo ed eccomi qua a doverlo prendere per forza” è un commento frequente che serpeggia tra gli italiani. Qualcuno deciderà poi di farsi la notte in traghetto piuttosto che assoggettarsi a un’ora di aeroplano, ma con le fobie c’è poco da fare.

La Delos riparte a tarda sera, quando i lavori in sala macchine sono finiti. A bordo, una volta deciso il cambio di programma, sono quasi tutti soddisfatti. Gli inglesi, rientrati nella routine di bordo e già parecchio avanti nel consumo di birre, in definitiva non si accorgeranno quasi della modifica dell’itinerario, gli italiani richiederanno invece un certo lavoro di persuasione.

L’argomentazione che “un guasto può sempre succedere, l’importante è aver trovato una soluzione” non soddisfa tutti. Si fanno le 3 del mattino a discutere, ma alcuni irriducibili non cedono. Mi sfugge il tipo di soluzione ideale che cercano. Una giornata è andata perduta e non ritornerà più. La crociera successiva deve partire puntualmente, ci sono altre 400 persone che aspettano di imbarcarsi a giorni. Quali margini di manovra ci sono?

Comincio a imparare che c’è gente che anche in ferie non “stacca” mai. E’ una costante che ha puntualmente trovato conferma per i quaranta anni successivi.

Il passeggero italico, uscito dalla sua “comfort zone” (costituita dal tragitto casa-ufficio, dalla scampagnata fuori porta e dalla domenica allo stadio) diventa timido e si sente inadeguato con la sua inesistente conoscenza delle lingue e del mondo oltreconfine. Se si sposta lontano, predilige il villaggio turistico “all’italiana”, la pasta al dente e il caffè ristretto. Se tutto questo non è disponibile o succede un imprevisto, subentra in lui (o lei) la sindrome regressiva che li riporta allo stadio di bambini piagnucolosi e rigidamente ancorati alle loro abitudini.

Al primo problema logistico, il gruppo degli italiani si è trasformato in assemblea del condominio. Le frasi cominciano tutte con “io” e tradizionalmente si sovrappongono a quelle di chi sta già parlando. Il risultato è un frastuono inconcludente, che ha però l’effetto di lasciar sfogare ai vacanzieri le loro paure e frustrazioni.

Questa volta, mi arrendo prima io. Mi bevo un altro ouzo e me ne vado in branda, lasciandoli al loro mugugno. Mentre mi allontano, mi segue una minaccia “Scriveremo alla Navitur…”

E qualcuno, infatti, scriverà. Ma in quegli anni cupi per il consumatore, il massimo che ci si poteva attendere da una lettera di reclamo era una lettera di risposta piena di formule generiche e tanta aria fritta.

Mi rigiro nella mia cuccetta e, come ormai è tradizione, le vibrazioni ritmiche dell’asse dell’elica mi fanno addormentare nell’arco di un minuto o due.

Nota: le foto sono tratte da un raro filmino promozionale della Clarksons Cruises nei primi anni ’70.