Chiamatela Hong Kong, Xianggang o HK, questa minuscola porzione di Repubblica Popolare Cinese  (poco più di 1000 km quadrati) è il laboratorio politico e finanziario nel quale il Paese di Mezzo conduce gli esperimenti per i suoi assetti futuri.

Nonostante la sua grande vocazione commerciale, industriale e finanziaria, Hong Kong rimane un luogo indimenticabile da visitare, anche se il motivo principale che vi ci porta sono gli affari. Non mancate di coglierne i mutevoli umori nel corso della giornata, per quanto la vostra agenda possa essere fitta di appuntamenti.

La mattina lavorativa di Hong Kong comincia presto e le strade che portano all’isola dai Nuovi Territori e dal confine cinese si affollano di autobus, auto private e taxi alle prime luci dell’alba. Le 7 linee della moderna rete metropolitana, la MTR, iniziano a operare attorno alle 6 e costituiscono il mezzo di trasporto più rapido, economico ed efficiente di Hong Kong.

L’umore del mattino è adrenalinico. Tutti corrono in ogni direzione con l’occhio all’orologio e gli immancabili auricolari in posizione. È il momento di andare in ufficio, correre in aeroporto, prendere il treno per Shenzhen, consegnare pacchi, ritirare pacchi, scaricare il camion, caricare il furgone, rifornire i ristoranti, scavare fosse, posare cavi, salire sul battello, scendere dall’aliscafo. A Hong Kong, gli unici che si possono prendere una pausa sono i turisti.

Questa Manhattan asiatica è in continuo, frenetico movimento, ma se New York è pittoresca e piena di contrasti, la tavolozza dei colori e l’assortimento degli odori di Hong Kong sono ancora più variegati.

Le ore del mattino scorrono veloci nelle torri di cristallo di Wanchai o nelle fabbriche verticali dei Nuovi Territori, edifici industriali che si sviluppano in altezza perché i terreni si pagano a peso d’oro. Che sulla città incomba un cielo basso di nuvole o che splenda il sole, l’umidità è sempre altissima e migliaia di condizionatori lavorano in fuorigiri per combatterla. Passi davanti a un negozio e ti investe una ventata di aria fredda, in metropolitana le bocchette sul soffitto dei vagoni soffiano spietate verso il basso investendo un pubblico impassibile che legge giornali o ascolta musica. Dai magazzini e dagli edifici industriali arrivano folate di aria rancida che sanno di olio minerale, di umidità e di circuiti elettrici surriscaldati.

È arrivata l’ora del pranzo. Migliaia di persone si riversano in strada dirette a bar, coffee shop e ristoranti. Molte migliaia ancora prendono le bacchette, aprono il contenitore con il pranzo che hanno portato da casa e si cercano un angolo in ufficio o in fabbrica dove poter mangiare tranquilli. I turisti, che hanno macinato chilometri a piedi, si lasciano crollare nella poltrona bisunta di uno dei mille Starbucks.

Le vecchie, splendide carrette della Star Ferry continuano a fare la spola tra Kowloon e l’isola di Hong Kong. Chi è seduto al ristorante dell’Ocean Center, dove attraccano le navi da crociera, le vede attraversare senza sosta il breve tratto di mare del Victoria Harbour dirette a Central o Wanchai come palline da ping-pong. Quanti sono i traghetti della Star Ferry, ognuno contraddistinto dal nome di una stella? Cinquanta, cento? No, sono solo dodici ma non si fermano mai.

Il pomeriggio inoltrato regala umori e colori speciali a Hong Kong. Se avete finito una frenetica giornata di lavoro ed emergete dalla stazione metro di Tsim Sha Tsui o in quella di Central, vi accolgono i riflessi del sole che rimbalzano dalle vetrate tinte dei grattacieli e l’aria calda densa di odori. Qualche nuvoletta sul Victoria Peak dell’isola si tinge di rosa e una vaga foschia inizia ad avvolgere i grattacieli-alveare alle spalle del porto container di West Kowloon. Sullo skyline dell’isola si accendono le prime insegne pubblicitarie, mentre nel cuore del distretto turistico della penisola, Tsim Sha Tsui, le luci non si sono mai spente: elettronica, abiti su misura, visti per la Cina, ristoranti, uffici cambio, agenzie di viaggi, occhiali. C’è di tutto per tutti.

Lungo la Nathan Road e all’imbarco degli Star Ferry sul lato Kowloon, orde di procacciatori ti inseguono per proporti vestiti su misura. Oggi il sarto ti fa scegliere la stoffa, domani ti consegnano il vestito in albergo.

Servono degli occhiali da vista. No problem, sir. Esame della vista ora, occhiali pronti domani mattina.

In ogni mio viaggio a Hong Kong ho sempre portato con me almeno una macchina fotografica. La reflex per le foto “serie” e una piccola punta-e-scatta da tenere nella valigetta durante il giorno per cogliere qualche istantanea tra una riunione e l’altra.

Qui i negozi di fotografia sono meta d’obbligo per l’appassionato. C’è chi raccomanda quelli di Stanley Street sull’isola, chi è invece convinto di fare i migliori acquisti a Kowloon. Io per non sbagliare li ho girati tutti, da Central  fino a Mong Kok. Alla fine ho sempre comprato da Tin Cheung in Carnarvon Street, proprio nel cuore di Kowloon, a due passi dai principali alberghi della penisola. I prezzi sono analoghi a quelli USA, quindi estremamente vantaggiosi rispetto all’Italia.

Armato dell’ultimo obiettivo Canon mi sono poi affrettato a raggiungere l’estremità meridionale di Kowloon e la passeggiata a mare del Cultural Centre per scattare l’ennesima foto dell’isola al tramonto, litigandomi la veduta con centinaia di turisti, cinesi e non. Nel corso degli anni non so quante foto avrò scattato con la stessa inquadratura, ma non ce ne sono due uguali. Un po’ per via dei continui cambi di umore di questa metropoli, ma specialmente per le sue continue mutazioni. Ogni anno qualcosa cambia nel suo skyline, un nuovo grattacielo prende forma mentre uno “vecchio” viene giù.

È dalla fine dell’800 che Hong Kong non cessa di trasformarsi e di sorprendere; forse l’unica battuta d’arresto ci fu durante i  4 anni di occupazione giapponese dal 1941 al 1945.

Il fascino che questa metropoli esercita  e la profonda lezione che ci trasmette si possono descrivere con una sola parola: vitalità.