Ora che Donald Trump è il candidato ufficiale del Partito Repubblicano alla presidenza USA, entra ufficialmente nel vivo lo scontro diretto con la rivale Hillary Clinton.
Con tempismo perfetto, si dimette la presidente del Democratic National Committee (DNC) Debbie Wasserman-Schulz dopo che Wikileaks ha reso pubbliche numerose e-mail dalle quali emerge chiaro l’ostruzionismo del DNC nei confronti di Bernie Sanders, unico rivale della Clinton nel campo Democrats. La Wasserman-Schulz entra ora ufficialmente nel campo Clinton, mentre ad interim prende il suo posto Donna Brazile, anche lei firmataria di mail anti-Sanders.
Ma la telenovela diventa ancora più interessante. A mettere in piazza tutta la biancheria sporca del team Clinton arriva l’atteso documentario “Clinton Cash”, che si basa sull’omonimo best seller del giornalista Peter Schweizer, uscito lo scorso anno.
L’associazione a delinquere Bill-Hillary-Chelsea Clinton e le sue malefatte sono dettagliate cronologicamente e spietatamente da Schweizer in un serrato crescendo che dura 64 minuti, Da Haiti al Pakistan, la vendita di influenza e favori per arricchire uomini d’affari e Paesi vicini ai Clinton è raccontata con precisione chirurgica. Chi si fosse domandato perché, come Segretario di Stato, la Clinton avesse deciso di condurre tutta la sua corrispondenza mail su un server privato, ora ha la sua risposta. Il traffico multimilionario del team Clinton doveva sfuggire al vaglio del Dipartimento di Stato e ai requisiti di trasparenza richiesti alle massime cariche dello stato.
Che si propenda o meno per Donald Trump come presidente USA, la visione del documentario è consigliata per chi voglia saperne di più sulla famiglia Clinton e su quello che ci si può aspettare—date le premesse—da una Hillary Clinton presidente affiancata dal marito Bill. Dati i suoi trascorsi di presidente, Bill Clinton verrebbe chiamato President Clinton e non First Gentleman. Per chi ancora lo ricorda come inquilino della Casa Bianca, ritornano i bruciori di stomaco. Ma è sempre meglio (anche se di poco) che vedere il suo nome abbinato alla parola gentleman.