Correva l’anno 1960 e la “Guerra Fredda” era in corso da più di un decennio. Nel corso di una plenaria delle Nazioni Unite a New York, scoppia una violenta polemica tra il rappresentante delle Filippine e il leader sovietico Nikita Khrushchev. Preso dalla foga, il russo interrompe sbraitando il delegato filippino e, afferrata una scarpa che si era tolto, inizia a sbatterla sul tavolo. Nonostante l’assenza di piattaforme di comunicazione di massa, la scena diventa immediatamente virale.*

Oggi, l’Unione Sovietica è sparita già da trenta anni ma la Federazione Russa può ancora contare su personaggi fuori delle righe come Putin, Lavrov e Medvedev. Come nel caso di Nikita Khruschev, sotto l’abito scuro si cela un cinghiale.

Solo un paese si cinghiali può invadere una nazione sovrana copiando il Blitzkrieg dei nazisti nel 1941 ma dichiarando allo stesso tempo di volerla “denazificare.”

Solo un paese di cinghiali può cambiare ripetutamente lo scopo dichiarato della sua “operazione militare speciale” davanti all’inaspettata reazione ucraina e pretendere di essere credibile ogni volta che cambia le carte in tavola. La sfrontatezza delle menzogne russe è offensiva, ma gran parte della popolazione se le beve, non avendo facile accesso a fonti alternative di comunicazione.

E ora, davanti alla chiara presa di posizione degli Stati Uniti, che continuano a rifornire l’Ucraina di armi e munizioni, solo un branco di cinghiali può dichiarare pubblicamente di volersi riprendere l’Alaska. Nella foto, un cartellone propagandistico russo che dichiara Aliaska Nasha! (L’Alaska è nostra!)

La miscela esplosiva di arroganza, stupidità (…e vodka) permette ai portavoce e propagandisti russi di non vedere il ridicolo di questa affermazione.

Primo, l’Alaska fu controllata brevemente dalla Russia dal 1799 al 1867, anno in cui fu venduta agli Stati Uniti tramite una cessione ufficiale a fronte del pagamento di 7,2 milioni di dollari. Ma trattandosi di un documento siglato dai russi, questi ultimi lo ritengono evidentemente di trascurabile importanza, come gran parte degli altri accordi che hanno firmato.

Secondo. L’Alaska non è l’Ucraina. Oltre ad essere tre volte più grande dell’Ucraina, l’Alaska non è altrettanto facile da invadere e il Canada (che condivide con l’Alaska un confine di 2.475 km) non è la Bielorussia del pupazzo Lukashenko. La logistica di un’invasione dell’Alaska sarebbe un vero incubo.

Terzo. Si tratta chiaramente di una boutade, subito ripresa però dai cinghiali propagandisti di stato e giornalisti russi (dove la distinzione è puramente semantica.) Questi personaggi non si rendono conto di distruggere la propria esigua credibilità con affermazioni grottesche come questa.

Ma chi ha voglia di insegnare il fair play ai cinghiali?

*Nonostante vi fossero numerose testimonianze dell’accaduto, è sempre mancata una documentazione fotografica. La foto che compare in questo articolo è un “fake” d’epoca (ha ben 62 anni) e fece comunque il giro del mondo.