USPSPer la prima volta in 97 anni, l’US Postal Service—la posta americana—ha abbassato il prezzo del francobollo per la corrispondenza ordinaria, la First Class Mail (la nostra cosiddetta prioritaria). Non si tratta di uno sconto sensazionale visto che parliamo di soli 2 centesimi, da 49 a 47, ma trovo inebriante l’idea che le tariffe postali possano calare. Magari mantenendo anche gli stessi livelli di servizio.

Qui da noi, la tendenza è opposta. Entro febbraio 2017, un quarto dei cittadini italiani riceverà la posta a giorni alterni. E per spedirla spenderemo tutti di più.

D’altronde bisognerà anche tener conto che l’Amministratore Delegato delle poste, tale Francesco Caio, ha un reddito di 1,2 milioni di euro. Reddito annuo, si capisce, non decennale.

La consegna a giorni alterni non è andata giù a molti, prima tra tutti la Commissione Europea, che ha scritto formalmente all’Agcom (l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni) definendo il diritto alla comunicazione tra cittadini un obbligo al quale le Poste possono venir meno solo “in circostanze o situazioni geografiche eccezionali”—vedi la Grecia, dove il 6,8% della popolazione riceve la posta a giorni alterni, anche per via delle migliaia di isole (di cui 227 abitate) che compongono il territorio greco.

Questa la situazione relativa all’ex-monopolista. Ex perché da ben 7 anni in Italia ci sarebbe in teoria una liberalizzazione del servizio postale, sancita inizialmente dalla Direttiva comunitaria 97/67/CE che è stata poi recepita nell’ordinamento italiano con DLgs 261/1999.

Ma le poste italiche non mollano volentieri. Già da anni fanno catenaccio per non mollare la loro posizione dominante ostacolando i potenziali concorrenti, che offrirebbero al cittadino un servizio migliore a prezzi competitivi.

Questo stato di cose c’era già quando regnava il predecessore di Caio, che non si chiamava Tizio o Sempronio ma Massimo Sarmi. Il buon Sarmi costava 2,2 milioni di euro (l’anno, sia chiaro) e quindi—almeno a livello di stipendio—il contribuente italiano ci ha guadagnato un milione l’anno. (Se avete un prosecchino in frigo, questa sarebbe l’occasione per stapparlo).

Sarmi amava rilasciare grottesche interviste al Financial Times sbandierando i successi finanziari delle poste, ma del servizio reso all’utente non parlava mai. Con i giornali italiani Sarmi comunicava un po’ meno entusiasticamente, visto che gli utenti del disservizio postale avrebbero potuto urtarsi. Alla fine chi altro è in grado di valutare lo sfacelo del patetico carrozzone? Non certo Margaret di Hounslow West che legge il FT ma la Cesira di Carbonate, provincia di Como, che si fa venti minuti di fila per comprare un francobollo.

Oggi Sarmi parla un po’ di meno alla stampa estera, visto che è AD dell’autostrada Milano-Serravalle, ma la buonuscita che ha incassato dalle poste gli consente almeno di girare con un bel sorriso permanente stampato in faccia. Chissenefrega delle interviste alla stampa estera. Il lavoro nuovo paga bene ed è di tutto riposo.

Ma per portare in pari il bilancio delle poste riducendo il servizio e aumentando i costi dovevamo per forza pagare 100.000 euro mensili di stipendio a qualcuno o si poteva magari spendere di meno?

La risposta la lascio a chi legge.

Io mi sarei anche candidato, ma la scelta dei top manager per incarichi come quello di Sarmi e di Caio si restringe sempre ai soliti sospetti.