Dic 28, 2016 | The Blog
There are at least three things in America that will come to an end as the year 2016 winds to a close.
Obama’s legacy
Actually, there won’t be one at all. The most divisive and ineffectual president in living memory will leave behind a number of broken promises and failed accomplishments.
During his tenure, his own party lost over 1,000 state and federal posts.
“We’re not even a national party at this point,” claimed Ohio Democratic Rep. Tim Ryan. “We have some support on the coasts, but we’ve lost the support of middle America, and we’ve got to make some changes.”
Obama promised hope, but in his 8 years as president 15 million more people dropped out of the workforce, yet they are not counted toward the unemployment rate. Since he took office, the US federal debt has grown by 9 trillion dollars against a GDP growth of 4 trillion dollars. The number of Americans on food stamps has increased by 13 million, with a 58 percent spike among African Americans. ObamaCare has been an expensive failure and 40 million people are still not covered. His legacy Affordable Care Act will be overhauled beyond recognition by his successor, Donald Trump.
The Iran deal has been an abysmal failure and will likely be scrapped.
His strategy of “leading from behind” has emboldened Russia (see the invasion of Ukraine) and allowed ISIS to grow and expand in the Middle East. His failure to confront Syria’s Assad has led to widespread genocide and the protracted siege of Aleppo.
He promised change and “the most transparent administration in history.” Change has been for the worse and Obama’s transparency has proved to be a joke.
Just days before the end of this year, Obama showed the world he’s a moral dwarf by colluding behind the scenes with the Palestinians to implement a UN resolution detrimental to Israel, thus breaking with his own policy and America’s traditional support for the Jewish state.
Actually, if you think about it, Obama’s only legacy is the grass-roots movement that elected Donald Trump.
The Clinton Machine
While some people say that twice-defeated Hillary Clinton may run for president one more time, the likelihood of that happening is dubious. Her health is shaky, her party’s support is waning and, frankly, even life-long democrats are disappointed with her because of her continuing scandals and flouting of the law. Under the Trump administration, she may even be indicted and therefore disgraced. That said, having been impeached and disbarred over the Lewinsky case did not prevent Bill Clinton from becoming actively involved in his wife’s campaign. It is actually believed that he tried in vain to get Hillary to campaign in Middle America, a strategy that her team rejected. Her failure to connect with middle-class Americans in the heartland ultimately cost her the election. How ironic is that?
Chelsea Clinton is reportedly being groomed to run for the Democrats in New York State, but she doesn’t seem to have the intellectual horsepower to ever amount to much. If the infamous Clinton Foundation is investigated and eventually wound up, she may even face an indictment for her involvement in its shady deals. So, it looks like the Clinton Machine has finally run out of steam.
The dominance of the Mainstream Media (MSM)
The MSM in America is dead. Its inability to provide factual and unbiased reporting has been uncovered during the 2016 election. Not only that, the MSM has been incapable of predicting Donald Trump’s upset victory over Hillary Clinton. Every single national newspaper and news outlet in the US was pushing for—and openly announcing—Clinton’s victory. Newsweek even distributed (and promptly recalled) 125,000 copies of a special issue featuring a Hillary Clinton cover under the heading “Madam President”. You can get one on eBay for about $500.
CNN even leaked to the Clinton camp some questions that members of the audience would ask during a televised town-hall meeting featuring Hillary Clinton and her rival Bernie Sanders.
Faced with relentless wall-to-wall media hostility, Donald Trump has taken to Twitter and hit his opponents with ruthless and snarky messages to great effect. He says he won’t stop even after his official inauguration on Jan. 20, 2017.
The role of the MSM has changed because people don’t believe the media any more. Well-known journalists have proved to be “in the tank” for Hillary, to have hidden links with the Clinton camp or the Democratic Party, and to have even made contributions to the Dem candidate’s campaign.
Because of its arrogance and entitlement, the MSM is in for a rough ride under Trump’s presidency.
Some journalists and anchors have now been seeking a rapprochement with the new president, others soon will. Inevitably, there will be those who will continue their opposition to Trump and there’s nothing wrong with that in a sound democracy, The fact remains that the MSM has taken a fatal beating from which it won’t ever recover.
Nov 27, 2016 | The Blog
Il Bar dei Grandi Criminali della Storia è orgoglioso di annunciare l’arrivo di un nuovo frequentatore, Fidel Castro.
Fidel, per gli amici il Lìder Maximo, entra a far parte della confraternita di tiranni, autocrati e inveterati sfruttatori del loro popolo che onorano questo modesto locale, situato nel cuore della Svizzera, lontano dai loro Paesi di origine ma vicino ai loro conti in banca.
Qui gli integralisti islamici possono consumare superalcolici, i nazisti raccontare le loro nefandezze senza timore di essere citati e gli esponenti di qualunque regime totalitario sono liberi di condividere le loro esperienze con gente come loro. Una volta alla settimana abbiamo la serata afghana con Osama che cucina spiedini, poi c’è Mao che è un mago del wok, Benito e i suoi magici tortellini, Adolf il genio del wurst e Muammar che sa come si cucina l’agnello.
Fidel, che attendevamo con ansia da anni, ci racconterà come ha fatto a diventare un mito, non certo nel suo paese (il 20% della popolazione di Cuba è scappato), ma nell’immaginario collettivo dei Paesi che non lo hanno sperimentato come dittatore.
Non è un caso che la stampa di sinistra lo ricordi affettuosamente come il “comandante Castro”, stendendo un velo pietoso sulle continue violazioni dei diritti umani di cui si è macchiato, instaurando per quasi 60 anni un regime dittatoriale nell’isola caraibica. Perfino l’ANSA, grottesca parodia di un’agenzia di stampa, si è asciugata una lacrima al suo trapasso, mentre gli emigrati cubani in America (che lo conoscevano meglio dei pennivendoli italici) sono scesi in strada a festeggiare la sua scomparsa.
In attesa di riceverlo nel locale (abbiamo già fatto ampie scorte di rum e sigari), è stato creato dal nostro ufficio marketing un angolo cubano costellato di fotografie nostalgiche, cioè tutte le occasioni in cui i cubani hanno operato come “rivoluzionari a noleggio” per conto della madre Russia, finché beninteso questa è stata in grado di pagare. Grenada, Angola, Venezuela, Ghana sono solo alcuni dei Paesi in cui Fidel faceva “body rental” di truppe cubane su ordine dei sovietici. Abbiamo centinaia di foto elegantemente incorniciate che decorano le pareti del nostro Rincon Cubano raccontando la storia di Cuba come serva sciocca del regime di Mosca.
C’è perfino una dichiarazione autentica in cui Fidel approva l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968, preoccupato per la deriva capitalista del governo di Dubcek. Ah, quanti cari ricordi! Quante battaglie combattute in nome e per conto di Mosca, quanti rubli nelle casse del Partido. Quanti morti, dovremmo aggiungere, ma sui morti è meglio sorvolare, come oggi fanno tutti i fans di Fidel.
Poi, dopo quasi 30 anni di flebo sovietiche, il sostegno al regime cubano si spegne con Gorbaciov e con il successivo crollo dell’URSS. Ma grazie alla spontanea collaborazione della popolazione cubana affamata, l’isola si sostiene come rinomata destinazione del turismo sessuale. Viva la Revolucion, ora non più combattuta sui campi di battaglia ma sui materassi malconci dell’isola caraibica.
Ben arrivato, comandante. Mentre ci prepariamo alla tua serata cubana (ti va bene il Mercoledì?), siamo anche in trepida attesa dei tuoi amici Clinton. Sarebbe la prima volta che accettiamo un’iscrizione collettiva, ma se la sono meritata, ¿verdad?
Ott 31, 2016 | The Blog
A meno di due settimane di distanza dalla data ufficiale delle elezioni presidenziali USA, una mossa a sorpresa del Direttore dell’FBI. James Comey, getta nel panico la campagna elettorale di Hillary Clinton. L’indagine sull’uso illegale di un server privato per gestire la posta ufficiale della Clinton Segretario di Stato è stata riaperta. Una quantità impressionante di mail che coinvolgono Hillary è stata trovata su un laptop appartenente alla sua assistente e confidente Huma Abedin (che ora finge sorpresa).
Pochi mesi fa, nel Luglio 2016, Comey aveva stupito l’America dichiarando che l’FBI non avrebbe richiesto al Dipartimento di Giustizia (DOJ) la messa in stato di accusa della Clinton. Fra le motivazioni addotte, Comey segnalava che, alla base degli errori, omissioni e violazioni commesse da Hillary Clinton non era stato ravvisato un intento criminale. Una lettura anche superficiale della dozzina di norme e regolamenti infranti rivela tuttavia che l’intento criminale non è assolutamente richiesto per mettere in stato d’accusa il presunto colpevole. Comey avrebbe fatto bene a convocare un Grand Jury e lasciare ad esso la decisione, ma aveva invece deciso di raccomandare al suo capo, Loretta Lynch (l’Attorney General, capo del DOJ) il non luogo a procedere. La Lynch aveva accettato questa raccomandazione senza battere ciglio.
A scandalizzare l’opinione pubblica (o almeno quella parte che non si beve il verbo del partito democratico USA) c’è il fatto che, solo pochi giorni prima dell’annuncio shock di Comey, la Lynch aveva avuto un rocambolesco “incontro privato” con Bill Clinton sulla pista dell’aeroporto di Phoenix, Arizona. Guardate la coincidenza: l’aereo privato della Lynch e quello di Clinton sono in attesa di partire da Phoenix, ma Bill decide di “fare un salto” a trovare la Lynch seduta nel suo aereo. 37 minuti passati—dicono—a chiacchierare di golf, vacanze e nipotini. Tutto questo mentre 147 agenti dell’FBI (che dipende dal DOJ) stanno investigando l’uso del server privato della Clinton. Chi crede veramente che Bill Clinton e Loretta Lynch si siano raccontati i rispettivi piani per le vacanze estive? Oppure l’incontro ha contenuto la promessa dei Clinton di prolungare il mandato della Lynch come Attorney General in cambio di un non luogo a procedere per la questione del server?
La decisione di Comey di non raccomandare la messa in stato d’accusa della Clinton dopo averne elencato in dettaglio le colpe e le omissioni ha gettato nello sconforto decine di agenti che avevano condotto l’investigazione. Sembra anche che siano partite raffiche di dimissioni a catena nei ranghi dell’FBI. Su queste premesse, la rivelazione da parte di Julien Assange (Wikileaks) dell’esistenza di decine di migliaia di mail compromettenti sul laptop di Huma Abedin ha finalmente spinto James Comey a riaprire l’indagine e restituire un minimo di dignità al suo team di investigatori e all’FBI in generale.
Salutato come un galantuomo dai Democrats a Luglio 2016, ora Comey è diventato un reietto e un paria e si moltiplicano gli attacchi nei suoi confronti. Troppo tardi, è inutile maledire l’iceberg dopo averlo speronato.
La vicenda del server è un elemento fondamentale perché rappresenta il tessuto connettivo tra l’abuso di autorità e la profonda corruzione della Clinton nei suoi 4 anni come Segretario di Stato, la finta attività benefica della Clinton Global Foundation e i traffici nascosti di Bill Clinton. Le attività illecite di Bill, Hillary e Chelsea Clinton (e il resto della banda) comprendono la continua sottrazione di fondi dalla fondazione per uso personale, la vendita di influenza a operatori economici americani e stranieri, l’erogazione di favori e finanziamenti a figure ufficiali coinvolte nell’investigazione del server, la creazione di una rete di affiliati e favoreggiatori, che in Italia chiameremmo associazione mafiosa (e che gli americani combattono con uno strumento legislativo chiamato RICO—Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act—varato nel 1970.) Non sono solo io a dirlo, ma lo sostiene anche Rudy Giuliani, ex-sindaco di New York ed ex-procuratore distrettuale.
E non abbiamo nemmeno parlato dell’Affare Bengasi, ma forse la debacle libica non sarà nemmeno necessaria per minare definitivamente le speranze della Clinton di ritornare alla Casa Bianca, questa volta come Presidente.
Un presidente eletto nel mezzo di un’investigazione criminale e vulnerabile a ricatti e rivelazioni da parte di cibercriminali internazionali è un’ipotesi tanto tremenda quanto ancora possibile. Forse gli americani stanno cominciando ad accorgersene, almeno gli “indecisi” e quelli che da anni non votavano più. Gli irriducibili Dems, invece, non votano un individuo, votano la scelta del partito.
Quanto sopra mi rende un sostenitore di Trump?
Certamente no, ma l’unica alternativa a un’altra presidenza Clinton (di gran lunga la più nefasta) è rimasto lui.
Se leggessi una storia come questa in un libro, lo getterei nella carta da riciclare perché riterrei la vicenda grottesca e poco credibile. Ma tant’è. Da noi si chiama realtà romanzesca, in inglese Reality beats fiction—o più volgarmente You can’t make this shit up.
Ott 29, 2016 | The Blog
Mi arriva una mail da Airbnb, il gigante online degli affitti temporanei, per segnalarmi che, a partire dal 1° Novembre, partirà una campagna anti-discriminazione che richiederà l’impegno degli iscritti a “trattare qualsiasi persona, a prescindere dalla razza, la religione, l’origine nazionale, l’etnia, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale o l’età, con rispetto e senza pregiudizi.”
Fin qui, non vedo il problema. Anche senza che un sito di affitti temporanei me lo ricordasse, ho sempre cercato di trattare gli altri con rispetto e senza pregiudizi.
Ma la mail va oltre.
“Come accetto l’impegno?
A partire dal 1° novembre, ti mostreremo l’impegno quando accedi o apri il sito di Airbnb, l’app mobile o del tablet e ti chiederemo automaticamente di accettarlo.
Cosa succede se rifiuto l’impegno?
Se dovessi rifiutare l’impegno, non potrai ospitare o prenotare viaggi attraverso la piattaforma Airbnb, e potrai cancellare il tuo account. Una volta cancellato, i viaggi prenotati verranno annullati. Potrai ancora fare ricerche su Airbnb, ma non potrai prenotare degli alloggi o ospitare dei viaggiatori.”
E qui secondo me l’azienda fondata otto anni fa da Brian Chesky e Joe Gebbia sta uscendo dal seminato. La mossa è un tentativo abbastanza trasparente di crearsi un alibi morale mentre in USA si moltiplicano i casi di presunta discriminazione su Airbnb, quando cioè un padrone di casa si rifiuta di affittarla a qualcuno per via del colore della pelle o altri motivi.
Ho sempre una certa diffidenza quando un’azienda votata ad accrescere i suoi utili si mette a fare del proselitismo, anche se le cause in questione sono condivisibili. Poco più d’un anno fa, Howard Schultz (fondatore della nota catena Starbucks) invitò i suoi baristi ad avviare con i clienti conversazioni sul tema della discriminazione razziale. In altre parole, tu entri da Starbucks a prenderti un Frappuccino e il barista cerca di coinvolgerti in un discorso sull’armonia fra le razze. Il tema è importante ma il momento (e l’interlocutore) è sbagliato. La campagna fallì anche perché creava lunghe file di clienti in attesa mentre il/la barista faceva un mestiere che non era il suo.
Anche la campagna di Airbnb, che è partita in America due mesi prima che da noi, è destinata a fallire. Se non posso decidere a chi affittare la casa per paura di essere accusato di discriminazione, allora userò un canale diverso per pubblicizzarla. Se possedessi una villa al mare con dieci posti letto e dei “millennials” me la chiedessero in affitto per un weekend, non potrei rifiutarmi di dare loro le chiavi per non essere accusato di discriminazione per l’età.
Inoltre, il contratto americano di adesione ad Airbnb contiene una clausola per cui il richiedente si impegna a non partecipare ad un’azione legale collettiva (class action) nei confronti dell’azienda. In altre parole, il gigante degli affitti temporanei da una parte si tutela contro le cause dovute a discriminazione (o altri motivi), dall’altra impegna i suoi iscritti a rispettare un codice morale che serve fondamentalmente a proteggere l’azienda.
Non so quanti iscritti lasceranno Airbnb per via di questa sua nuova politica, né si tratta di dati che l’azienda avrà il minimo interesse a pubblicizzare.
In USA, il termine peggiorativo Social Justice Warrior (SJW) descrive quegli individui che si autoeleggono a paladini di cause sociali (peraltro valide e condivise dai più) per fini di vantaggio personale, vuoi d’immagine vuoi monetario.
Quando delle aziende quotate in borsa, come Airbnb e Starbucks, si svegliano con velleità da SJW, c’è sempre da domandarsi quale sia la vera ragione.
Set 25, 2016 | The Blog
Ho appena letto un grande libro, The Boys in the Boat, dell’americano Daniel James Brown. Il libro narra la storia vera di 9 ragazzi del Nord Ovest degli Stati Uniti che si ritrovano a vincere la medaglia d’oro di canottaggio alle Olimpiadi di Berlino del 1936.
Si tratta di un gruppo di ventenni dell’Università dello stato di Washington, a Seattle. Ragazzi cresciuti nel periodo della grande depressione del 1929, figli quasi tutti di genitori impoveriti e che devono alternare lo studio ai lavori più disparati, da guardiano notturno a boscaiolo e perfino contrabbandiere.
La loro storia è stata ripresa in un recente documentario americano (The Boys of ’36) ma fu perfino immortalata 80 anni fa dalla documentarista tedesca Leni Riefenstahl, amica di Hitler e incaricata di realizzare un documentario sulle Olimpiadi del 1936 che esaltasse la grandezza della Germania nazista e il suo ruolo in un nuovo ordine mondiale.
Il libro di Brown racconta la storia di uno di questi ragazzi, Joe Rantz, un adolescente abbandonato dalla sua stessa famiglia e costretto ad arrangiarsi per sopravvivere.
Joe approda all’Università dello stato di Washington e viene selezionato per il team di canottaggio delle matricole. Da qui, la storia di questo giovane atleta e dei suoi compagni di squadra si snoda attraverso una serie di vicende sportive e personali per culminare nella loro incredibile performance atletica di Berlino.
E’ un inno alla perseveranza e al lavoro di squadra, un capolavoro fatto di minuziosa ricerca delle fonti e di innumerevoli interviste, tra cui anche quelle con lo stesso Joe Rantz, scomparso a 97 anni nel 2007.
Non sono né appassionato di canottaggio né tanto meno un esperto, ma ho letto il libro tutto d’un fiato e l’ho trovato straordinario. Ne esiste anche un’edizione italiana (Erano Ragazzi in Barca) uscita un anno fa ma la sconsiglio per la sciatteria della traduzione che, già dal titolo, non rende giustizia all’originale. Un esempio? A inizio libro, l’autore cita un titolo di giornale del 1933: “15,000,000 to Get US Relief” (“Sussidio federale per 15 milioni”). La traduttrice, una certa Manuela Faimali, lo fa diventare un improbabile “15.000.000 per salvare gli Stati Uniti.”
Ago 29, 2016 | The Blog
Newspeople are truly the lowest life form.
They’re dishonest, they’re bought and sold by corporations and politicians. Or they’re as dumb as dirt.
How do I know this? In a previous life, I used to work for those who bought them— and we bought them cheap. They’ll edit, doctor, fix, omit, expand, distort, spin, and lie as they are told by their masters.
But they’ll also “overegg the pudding” if it serves the purpose of sensationalism.
I suppose images from the recent earthquake in Central Italy weren’t bad enough, so that sorry excuse for a national news agency (ANSA) had to embellish. Can you believe this? Embellish, after 292 people died?
Today—August 29, 2016—the ANSA website’s landing page features a photograph of the devastation wrought by the earthquake in the town of Amatrice. Notice how the old clock tower lists an impossible 20 degrees off plumb (by the way, the celebrated leaning tower in Pisa leans a mere 4 degrees).
Well, it’s not true. The picture is not straight, the lean angle has been added by the journos.
(Yes, they’ll tell you—they wanted to get the crane nice and vertical…)
Look at the same clock tower in a photo by Thomson Reuters, another news agency which evidently didn’t need to stoop so low.Another picture—this one from a Fire Brigade drone—shows the very same clock tower standing proud in a sea of rubble.
Now, there’s a novel idea! Let’s use drones as reporters.They don’t have to stick to anybody’s narrative and you only buy them once.