Che il partito greco Syriza fosse una manica di incapaci è un sospetto che molti hanno avuto da quando è andato al governo. Adesso, il suo massimo esponente e primo ministro greco, Alexis Tsipras, lo riconferma con i fatti. Da una parte si dichiara aperto a trattare con i creditori ma al tempo stesso invita i greci a respingere in un referendum popolare l’”estorsione” di un’Europa che chiede ad Atene ulteriori sacrifici in cambio di un nuovo salvataggio in extremis.
Tsipras ha esortato energicamente a votare NO per permettergli di affrontare a muso duro—perché legittimato dalla piazza—il fronte dei creditori. Il suo ministro delle finanze Varoufakis ha perfino promesso di dimettersi se vincerà il SI di coloro che sono disposti ad accettare le richieste europee. Staremo a vedere, al voto mancano solo pochi giorni.
Viene spontaneo domandarsi a che cosa serva alla Grecia un governo che passa la palla alla popolazione quando si tratta di decidere il futuro del Paese. Riusciranno i greci a ragionare serenamente su quello che conviene loro nel medio-lungo termine? O si faranno trascinare dall’euforia rivoluzionaria e dall’arroganza del team Syriza?
In Grecia, decenni di populismo e finanza allegra hanno portato la nazione sull’orlo del fallimento. Una vittoria dei NO condurrà probabilmente alla fuoriuscita di Atene dall’Euro, con conseguenze devastanti sull’economia del Paese. Sebbene pesante, l’ulteriore inasprimento del rigore fiscale richiesto dall’Europa sarebbe una soluzione meno rischiosa perché più controllabile. Se vinceranno i SI, le dimissioni di Varoufakis saranno una pura formalità, visto che l’Europa chiederà a quel punto di trattare con altri interlocutori al governo.
Nel frattempo, si sono moltiplicate nel mesi scorsi le richieste fatte alla Germania di indennizzare la Grecia per i danni di guerra subiti nel periodo 1941-1944. Si tratta, secondo una fantasiosa stima greca, di quasi 280 miliardi di Euro, mentre (guarda caso) l’aiuto finanziario esteso alla Grecia nel 2010—e che il Paese non riesce a ripagare—ammontava a 240 miliardi. In altre parole, la Grecia avrebbe un credito di 40 miliardi di Euro—cifra che, vista la recente performance di Tsipras e Varoufakis, il Paese troverebbe il modo di dilapidare in pochi mesi.
Ad Atene sostengono che richiedere i danni di guerra proprio mentre si discute il debito con l’Europa sia solo una coincidenza, affermando che quella richiesta costituisca per l’attuale governo un “dovere storico”. Un dovere che, evidentemente, la Grecia si era dimenticata di esercitare per 50 anni.
La posizione greca è stata condita con virulente campagne di stampa antitedesche, con il prevedibile ricorso alle analogie tra il cancelliere tedesco di oggi e i nazisti di ieri.
L’unico effetto sortito, però, sembra essere stato un calo dei turisti tedeschi in Grecia. In un Paese dove il contributo del turismo all’economia è dell’ordine del 17%, ci si domanda se Tsipras e compagni non abbiano esagerato con i bicchierini di ouzo.
Il vero problema dei danni di guerra subiti dalla Grecia è che la Germania ha già da decenni concordato e saldato la pendenza, pagando 115 milioni di marchi negli anni 60.
Il compenso pagato a suo tempo “non basta”, sostengono i greci, perché non avrebbe tenuto pienamente conto delle atrocità commesse dai tedeschi in Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale. Ad Atene, qualcuno ha redatto una lista dei danni subiti per mano tedesca e ci ha messo a fianco una valutazione economica.
Anche l’Italia ha saldato alla Grecia i danni di guerra causati dalla sua invasione del 1941. Nel Trattato di Parigi del 1947, la cifra fu fissata in 105 milioni di dollari di allora, più la cessione del Dodecaneso, che apparteneva all’Italia dal 1912. Ma se ad Atene il piatto piange, c’è sempre la possibilità che il governo venga a bussare anche alla porta dell’Italia per un’integrazione delle riparazioni. Dopotutto, le atrocità commesse dall’esercito italiano in Grecia sono ben documentate, anche se la nostra opinione pubblica ha sempre preferito credere alla versione di essere stati “brava gente” durante la scampagnata ellenica.
Magari in qualche ministero greco qualcuno sta già lavorando al conto da presentare a Renzi.