Proseguiamo nella carrellata di espressioni che il “corporate speak” ha preso in prestito dal mondo dello sport.
Chi vuole competere ad armi pari richiederà di sicuro un “level playing field” per non dover correre in salita. Interessante però notare che i campi di American football sono disegnati con una leggera inclinazione dai lati lunghi verso l’asse centrale per favorire il drenaggio.
Un venditore eccentrico e poco ortodosso sarà definito “screwball”, cioè una palla da baseball lanciata con un effetto contrario che ne renderà imprevedibile il comportamento.
Senza una precisa paternità sportiva, l’espressione “a long shot” denota letteralmente un tiro da lontano e quindi una scarsa probabilità di successo. Alcune idee di business e diverse trattative meritano questa definizione.
Un manager mediocre che non si è mai distinto in alcun modo è definito un “also-ran”, termine applicato a quei cavalli da corsa che non si sono piazzati nelle prime tre posizioni o non sono nemmeno arrivati al traguardo.
Farsi raggirare completamente in una trattativa equivale a ingoiare “hook, line and sinker”, che per gli appassionati della pesca sono ovviamente l’amo e la lenza con tutto il piombo. Da noi si direbbe “abboccare in pieno”.
Al contrario, una trattativa portata a compimento in maniera veloce e aggressiva viene spesso definita uno “slam-dunk”. Nel basket questo termine descrive un canestro che il giocatore segna saltando e tirando la palla verticalmente nell’anello, con una o ambo le mani. L’ espressione si usa anche per indicare un facile e rapido successo.
Di etimo incerto è la popolare espressione “to call the shots”, una prerogativa di chi è in posizione di autorità. C’è chi vuole farla risalire a sport come il biliardo, in cui il giocatore dichiara il suo bersaglio prima di tirare, altri invece ne ravvisano un’origine militare, visto che l’ordine di aprire il fuoco compete all’ufficiale in comando.
Un’azione decisiva coronata da successo è chiamata “(scoring a) home run” , che, tanto per cambiare, viene dal gioco del baseball. Fallire nel proprio compito è invece “to strike out”, quando il battitore manca la palla tre volte. “End run” viene invece dal football americano e significa aggirare la difesa e segnare il punto. La metafora si applica a infinite situazioni aziendali, dove al posto della difesa (ovviamente) ci possono essere la concorrenza e talvolta perfino la magistratura.
Muoversi prematuramente o agire prima di essere autorizzati meritano la celebre metafora “to jump the gun”, chiaramente mutuata dall’atletica leggera, quando gli atleti devono attendere la pistola del via per scattare.
“(To hit the) bull’s eye” è il centro del bersaglio, che stiate usando l’arco, le freccette o armi da fuoco. Chiaramente, l’espressione indica centrare in pieno l’obiettivo o rispondere esattamente a una domanda, l’equivalente cioè del nostro “fare centro”.
Molto complesso invece è il significato dell’espressione “batting .500”, che si usa per indicare l’alta percentuale di successo di un venditore o di un imprenditore dalla mano fortunata. Deriva dalla “batting average”, la performance di un battitore nel cricket o nel baseball. In questo ultimo caso, parliamo di un battitore che ha segnato un “base hit” ogni due volte che ha preso posizione di fronte al lanciatore. E’ una media estremamente alta: se qualcuno dice di voi che state “batting .500”, siete di sicuro un manager di successo.
Tra qualche tempo farete anche voi parte degli “heavy hitters”, cioè le figure più influenti in azienda. Quest’ultima espressione ha origini incerte, chi la vuole nata nel mondo del pugilato (per ovvi motivi), chi invece ne rivendica la nascita nel baseball.