Accountability è una parola inglese che si rivela spesso difficile da tradurre, visto che il primo termine italiano che viene in mente è responsabilità. Sì, ma allora come si traduce responsibility?
Diciamo che, come di consueto, il contesto in cui viene usata la parola fa la differenza (e, di fatto, questo vale per tutte le parole). Estrapolata accountability dal contesto, una traduzione meno vaga di responsabile può essere: tenuto a rendere conto di.
Dove responsible sottintende spesso una responsabilità morale per qualcosa, accountable vuol dire che se ne pagheranno personalmente le conseguenze. Ci possiamo sentire responsabili di qualcosa (“se avessi risposto alla sua telefonata, non si sarebbe suicidato”) pur non essendo chiamati a renderne conto.
Un ministro dei beni culturali è accountable per il progressivo decadimento di Pompei, o almeno lo sarebbe in un’ottica aziendale. Se sei il direttore di produzione, dovrai rendere conto personalmente per una linea di produzione che si ferma per carenze di manutenzione. Quando si parla di governi e politica, però, le certezze diventano molto più sfumate.
Accountability è un concetto molto importante nei Paesi anglosassoni, il che non significa che tutti siano pronti ad accollarsela.
Guardate il caso Clinton, che occupa da mesi le prime pagine dei giornali.
Hillary Clinton è un’esperta nell’arte di viaggiare sull’orlo dell’illegalità e una bugiarda consumata, come più volte dimostrato durante i suoi 8 anni come first lady americana e in seguito come Segretario di Stato sotto Obama, un’Amministrazione che non brilla affatto per trasparenza nonostante le facili promesse elettorali.
Intrighi, prevaricazioni, corruzione, depistaggi e menzogne hanno sempre accompagnato la carriera di Hillary. C’è chi vuole che, ancora prima di fregiarsi del cognome Clinton sposando Bill nel 1975, Hillary Rodham avesse già brillato per le sue “bugie e il comportamento poco etico”.
Dal momento in cui è diventata Segretario di Stato, la Clinton ha sempre utilizzato un suo indirizzo di posta personale e non quello del Dipartimento di Stato, come richiesto dalle regole. Il suo server di posta era situato presso la sua residenza nello Stato di New York e inaccessibile a estranei.
Questo ha creato notevoli preoccupazioni per la sicurezza dell’account sia nel campo avversario che nel Dipartimento di Stato e anche nel suo partito. Inoltre, il fatto che lei abbia provveduto a cancellare dal server 30.000 mail che ha definito “private” non aiuta particolarmente a crederle, visto che sono forti i sospetti che Clinton abbia costantemente sfruttato la sua posizione di capo della diplomazia USA (e la quarta autorità dopo il presidente) per incassare cifre iperboliche in cambio di “accessibilità” da parte di interessi privati. Il libro Clinton Cash di Peter Schweizer solleva una serie di quesiti inquietanti—ma apparentemente non per i Clinton, che sostengono si tratti dei soliti attacchi di parte.
Ora che Hillary è la front runner dei democratici nelle elezioni presidenziali 2016, tutti i nodi stanno venendo al pettine e il suo server è in mano all’FBI. Non c’è alcun ragionevole dubbio sul fatto che lei sia accountable per tutto quanto sopra, ed è chiaro a tutti che i suoi tentativi di minimizzare o negare le sue responsabilità dirette (anche penali) la stanno alienando dal suo stesso partito.
Ben prima della nomination del candidato democratico, sono certo che assisteremo all’implosione della Clinton, una circostanza che è ormai inevitabile—e dovuta, aggiungo a titolo personale.
Il partito è fortemente preoccupato (anzi, per molti sarebbe già in pieno panico) per la possibilità che i misfatti della Clinton vengano rivelati e lei sia messa in stato di accusa in un momento successivo alla sua nomination.
Questo la squalificherebbe come candidata e avvantaggerebbe enormemente i repubblicani. Ecco perché nel partito democratico è partita la ricerca frenetica di altri candidati alla nomination che siano più accettabili del socialista settantaduenne Bernie Sanders, oggi l’unico a poter competere con la Clinton a livello di supporto popolare.
L’accountability è una cosa seria e la Clinton sta per scoprirlo alla tenera età di 67 anni.