Ho appena passato un’ora intera a scorrere quell’interminabile elenco di nomi di persone che LinkedIn mi segnala come possibili conoscenze.

Molti nomi sono familiari, ma a volte si tratta solo di casi di omonimia o di persone che non ho mai realmente conosciuto ma soltanto sentito nominare. Altre facce mi sono note e così anche i nomi che le accompagnano, ma confesso che devo andare a leggerne la storia per capire quando le nostre strade si siano mai incrociate.

Ad altre possibili conoscenze, invece,  rinuncio a priori per colpa della foto. Sì, avete letto bene: la foto.

Ecco i criteri in base ai quali la foto costituisce per me una valida ragione per non allacciare (o riallacciare) rapporti con qualcuno.

  1. La foto manca. Diciamoci la verità, se sei su LinkedIn con nome e cognome e tanto di storia professionale (e magari anche gli studi che hai fatto), che senso ha non mettere la foto?
    Siete troppo belli, troppo brutti, avete troppo poco tempo a disposizione? Andiamo, chi non ha almeno una sua foto digitale? Ma va bene, non abuserò del vostro tempo scrivendovi: ciao, ti ricordi di me?
  2. La foto ritrae di profilo una persona che guarda in aria o si studia le scarpe. Niente contatto visivo, anzi la paura di essere riconosciuti . Li ferma uno per strada: “Ma tu sei Giuseppe, il celebre serial killer! Ti ho visto su LinkedIn!” Io gente così non ne conosco, per cui passiamo pure avanti.
  3. La persona nella foto si tocca il mento  dandosi un’aria pensierosa, riflessiva. Ti sta dicendo: io sono uno che pensa, uno che usa molto la testa. (Beato te, io invece sono un cretino con un IQ che arriva alle due cifre solo nelle giornate calde e quindi non sarò mai alla tua altezza.) Avanti un altro.
  4. La persona ha il viso inclinato e rivolto da un’altra parte, ma ti fissa con occhio penetrante. Ti sta dicendo: io sono un tipo magnetico e carismatico. Volgi a me gli occhi e seguimi perché sarò il tuo leader. Ecco, grazie, io però sto benissimo qui. Vai pure avanti tu a fare il pifferaio magico.
  5. La persona si è registrata su LinkedIn mettendo prima il cognome e poi il nome. Ora, che interesse posso avere ad allacciare rapporti con Pignattoni Gian Ercole o Linciagatti Ersilia? Chiamatemi individualista, ma io ci tengo al mio nome ed è quello con cui mi chiamano gli amici. Ecco perché lo metto sempre per primo. Il cognome è la stirpe, il nome sono io.
  6. La persona non si vede perché troppo lontana dall’obiettivo. Nel mio elenco di possibili contatti c’è perfino un tale in piedi in una spider americana, una Ford Mustang rossa, ma si riconosce solo il celebre cavallino sulla griglia del radiatore. Il viso del pilota è solo un punto. Ti sta dicendo: io ho guidato una Mustang. Siccome non mi pare il caso di collegarmi con lui su LinkedIn solo per dirgli “chissenefrega”, credo che ne farò a meno. Anche io ho guidato una Mustang e un giorno ho perfino incontrato il papa in fila al McDonald’s. Questo mi rende speciale?

Un momento, ecco qui una faccia conosciuta! Il nome corrisponde e la ricordo perfettamente. E’ stata una mia collega oltre dieci anni fa e non ci vediamo da altrettanti anni. Le mando subito una richiesta di contatto e mi farà piacere sentirmi raccontare come le va la vita.

Che sollievo, alla fine non è stata un’ora buttata.