Essam è un accademico egiziano e anche un uomo d’affari. Ha una bella casa e una bella famiglia e, come tutti gli egiziani della sua levatura sociale, parla più lingue e ha dei modi di altri tempi. E’ un vero signore e un ospite perfetto.
Ci ritroviamo spesso al Cairo o ad Alessandria a trattare tutto il giorno con potenziali clienti, ma il momento che attendo con maggiore impazienza è la sera. Sotto la guida sapiente di Essam, ce ne andiamo a bere qualcosa e poi a cena in posti che lui conosce bene. Una volta abbiamo perfino fatto le 4 del mattino a chiacchierare e fumare la shisha.
Inutile dire che non sbaglia un colpo. Ad Alessandria, passiamo dalle sale poco illuminate di un circolo privato (dove insieme a Usama, un suo amico medico, facciamo fuori una bottiglia di Johnny) a un popolare ristorante di pesce dove arriva il meglio del Mediterraneo.
L’ambiente è informale e rumoroso, il pesce semplicemente favoloso. Non conosco i prezzi: con Essam l’argomento “stasera offro io” è abolito per principio.
Con un po’ di whisky in pancia, un’orata alla griglia sul piatto e una serata davanti, Essam è nel suo ambiente e attacca a parlare di politica. Non ama Mubarak, che vede come un fantoccio degli Americani, e ride scuotendo la testa quando gli dico che il Faraone (o “la mucca che ride”, come lo chiamano i suoi critici) è per gli USA una garanzia contro i Fratelli Musulmani, o se preferite al-Ikhwan, il movimento islamista contrario alla secolarizzazione dei Paesi Arabi.
Essam, a modo suo è un credente e le due donne nella sua famiglia (moglie e figlia) hanno preso a coprirsi i capelli con un hijab. Essam non crede ai pericoli che invece preoccupano Washington e non manca mai di criticare il gigantesco complesso militare costruito da Mubarak (a suo tempo capo dell’aviazione egiziana) a tutela principalmente di sé stesso e con il credito quasi illimitato accordatogli dagli USA.
“Mamma America” non ha capito niente, dice Essam mentre guarda controluce il liquido ambrato nel suo snifter mezzo pieno di JW Black. Questo è un tema ricorrente nelle nostre conversazioni e una spina nel fianco per il mio amico.
Poi arriva la primavera araba e l’11 Febbraio 2011 Mubarak se ne va, travolto dai moti popolari. Ha più di 80 anni, è malandato e si dice che il cancro lo stia divorando. Il processo a suo carico va avanti da mesi ed è ora stato rinviato al 28 Dicembre 2011. Non è nemmeno certo che “il Faraone” ce la faccia a comparire.
E’ qualche tempo che non vedo Essam e nel frattempo il mondo è cambiato: Mubarak non c’è più e da tre anni non c’è nemmeno George W. Bush. Presto gli egiziani andranno alle urne e vedremo se i Fratelli Musulmani o i partiti laici la spunteranno contro la monolitica potenza del complesso militare.
Insomma, cose da discutere ne avremmo, bicchiere alla mano, mentre nell’aria si diffonde il profumo del pesce che cuoce sulla carbonella.