Peter Drucker, americano di origine austriaca e guru del management, disse: “la cosa più importante nella comunicazione è sentire quanto non viene detto”.
Questa celebre espressione si presta a due interpretazioni, diverse ma non antitetiche. La prima è piuttosto ovvia: nella comunicazione, colui che trasmette concetti o informazioni spesso non li trasferisce per intero.
Ciò può avvenire intenzionalmente (“La conoscenza è potere. Se ti trasmetto la mia conoscenza perdo potere io”) o in maniera involontaria. Si omettono dei dettagli dando per scontato che il destinatario della comunicazione ne sia già a conoscenza. La nostra cultura sudeuropea rientra fra quelle che Trompenaars e Hampden-Turner chiamano “culture diffuse”, quelle in cui molte delle informazioni sono implicite nel contesto e non sono trasmesse in maniera esplicita. La comunicazione tende ad essere meno diretta, più ambigua e dipendente dall’ambiente socioculturale. Per contro, le culture nordeuropea e americana (dette culture “specifiche”) privilegiano messaggi precisi, espliciti e a volte fin troppo dettagliati, senza dare nulla per scontato sulle conoscenze di chi li riceve.
Da noi non è nemmeno raro imbattersi in messaggi incompleti, dal cartello stradale che annuncia il controllo elettronico della velocità senza indicare quale sia il limite fino alla comunicazione aziendale densa di gergo del settore e dettagli sottintesi che possono creare non poche perplessità tra i nuovi assunti o i collaboratori indiretti.
Esiste spesso anche il messaggio incompleto che ha la sola funzione di coprire le spalle all’estensore senza fornire informazioni utili al destinatario: “Come da mia precedente richiesta…” Quale richiesta, in quale data, in quali termini? La posta elettronica, miracolo e maledizione dei nostri tempi, permette facilmente di inoltrare a qualcuno un messaggio già inviatogli, aggiungendo due righe di sollecito. Chi non lo fa ha dei buoni motivi per preferire la vaghezza e l’equivoco di una comunicazione incompleta.
Ma torniamo alla frase di Drucker: “la cosa più importante nella comunicazione è sentire quanto non viene detto”. La sua altra interpretazione ha a che vedere con la comunicazione non verbale, il cosiddetto “body language” e il “paraverbale”, che accompagnano ogni processo comunicativo diretto fra due o più persone.
Quanto non viene detto esplicitamente può essere trasmesso in altra maniera, intenzionalmente o meno, e quindi per sapere ascoltare attivamente non basta l’udito ma anche lo sguardo ha un ruolo determinante.
Un altro studioso naturalizzato americano, Albert Mehrabian, “scoprì” alla fine degli anni 60 la cosiddetta “Regola del 7, 38, 55”. Secondo Mehrabian, nella trasmissione di sentimenti e atteggiamenti tra due persone, le parole hanno un peso del 7%, il “paraverbale” (in sostanza il tono della voce) pesa per il 38% e l’impatto di gran lunga maggiore è quello del “body language” con il 55%.
La regola di Mehrabian ha avuto grande popolarità ed è stata anche ampiamente fraintesa o travisata.
La sua validità è tutt’altro che universale, limitandosi infatti alla sola comunicazione di stati emotivi tra due persone fisiche, non prevedendo quindi il passaggio di informazioni né tantomeno l’impiego di canali alternativi alla comunicazione faccia a faccia. (E’ infatti evidente che un annuncio che dica via altoparlante di “Abbandonare la nave” abbia un impatto enorme e un significato immediatamente evidente senza dover ricorrere a segnali non verbali).
Resta comunque il fatto che, nella comunicazione diretta tra persone, i messaggi non verbali abbiano una grande importanza (al di là delle specifiche percentuali) e che ai messaggi che vengono affidati al telefono, alla posta elettronica o al fax mancano quindi delle componenti essenziali che ne avrebbero assicurato l’esatta comprensione se fossero stati comunicati faccia a faccia.
Ragione di più, quando ci si affida alla parola scritta, per cercare di esprimersi con la massima chiarezza e quantità di dettagli, anche a costo di apparire ridondanti.
Il successo dell’interazione fra due persone dipende da come il messaggio viene ricevuto dal suo destinatario e non dalle intenzioni del mittente.