Oggi è il primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Putin non ha fatto discorsi celebrativi. C’era ben poco da celebrare.
Gli invasori dovevano arrivare a Kyiv in tre giorni, ma dopo 365 giorni il fallimento della loro guerra lampo li ha visti perdere la metà di quanto avevano conquistato. Le perdite russe, secondo stime ucraine, superano i 140.000 morti e proseguono al ritmo di quasi 1.000 al giorno.
In tempo per l’anniversario, l’assemblea generale dell’ONU ha approvato ieri il piano di pace proposto dall’Ucraina, che prevede innanzitutto il ritiro dell’esercito di Mosca e dei suoi mercenari dal territorio sovrano del Paese.
Hanno votato a favore 141 stati, 39 si sono astenuti (tra cui Cina e Iran) e 7 hanno votato contro.
Contrari si sono dichiarati Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Eritrea, Mali, Nicaragua e ovviamente Russia.
A parte gli stati clienti di Mosca, il voto contrario di Eritrea, Mali e Nicaragua ha secondo alcuni significato il distacco di questi paesi terzomondisti da una guerra che essi vedrebbero come “un conflitto dell’Occidente.”
Io la vedo diversamente.
Per me Mosca si è comprata i politici di quei paesi come ha fatto per decenni in tutto il mondo e, considerando le condizioni di vita locali, avrà anche speso un’inezia.
Nell’Occidente si moltiplicano i boicottaggi morali nei confronti della Russia. A Londra degli attivisti hanno dipinto il tratto di strada antistante l’ambasciata russa con i colori della bandiera ucraina, blu e giallo.
All’Aia, un organino è stato parcheggiato davanti all’ambasciata russa e scandisce le note dell’inno nazionale ucraino.
A Berlino, il relitto di un carro armato russo distrutto in Ucraina è parcheggiato davanti all’ambasciata russa. Analogo gesto di protesta è avvenuto in Lituania. A Vilnius un carro russo è parcheggiato nella piazza della cattedrale. A fianco del relitto un cartello blu e giallo proclama: “Insieme fino alla vittoria”.
Sono gesti di condanna che parlano chiaro, ma servono più che altro a ricordarci dell’obbligo morale di sostenere il Paese aggredito.
Agli invasori queste manifestazioni non fanno effetto, perché i russi non conoscono vergogna.