Dal 2015, la cittadina russa di Kubinka, presso Mosca, ospita un evento dedicato al settore degli armamenti chiamato Army.
Non è un omaggio alla lingua inglese ma la trascrizione della parola russa che, come in inglese, significa Esercito.
Quest’anno, l’appuntamento è caduto a metà Agosto e ha visto la partecipazione di numerose delegazioni estere, principalmente da nazioni terzomondiste clienti storici di Mosca.
E’ sempre difficile valutare il successo commerciale di fiere di questo tipo, visto che i contratti per le forniture militari si perfezionano in tempi molto lunghi e richiedono spesso interventi della diplomazia a supporto dei produttori di mezzi militari e affini.
Il settore gioca un ruolo molto importante per la Russia, che è il secondo esportatore mondiale di armi dopo gli Stati Uniti, ma nel 2022 le prospettive sono improvvisamente diventate pessime.
Domanda facile facile: Che cosa è avvenuto di diverso quest’anno a guastare la festa di Mosca?
E già, c’è stata l’invasione dell’Ucraina.
Dopo 6 mesi di guerra i russi sono in grosse difficoltà, le armi russe si stanno rivelando inadeguate e il problema è sotto gli occhi di tutti. I potenziali acquirenti di armamenti russi hanno potuto constatare l’inaspettata vulnerabilità dei mezzi corazzati russi e al tempo stesso la micidiale efficacia di quei sistemi d’arma prodotti da USA, Gran Bretagna, Francia, Germania e Svezia, che hanno devastato l’esercito russo.
Difficile dimenticare le immagini diventate quasi giornaliere di tank russi che esplodono proiettando in aria la torretta a decine di metri di altezza e uccidendo all’istante l’equipaggio. “Questo nel video demo non l’avevate mostrato”, potrebbe obiettare il dignitario in visita dal subcontinente indiano. Nemmeno la promessa di una valigia piena di dollari servirà a rassicurarlo sulla qualità del mezzi corazzati russi.
E poi, che fine hanno fatto i tanto decantati carri T-14 Armata, i primi ad essere progettati dopo il crollo dell’URSS? L’esercito russo ne aveva ordinato un primo lotto di 2.300 dopo il debutto pubblico nel 2015. Dovevano essere consegnati due anni fa, ma ne sono in circolazione solo una ventina. Quest’anno un T-14 si è guastato durante le prove della parata militare della vittoria (la vittoria del 1945, beninteso) e ha costretto gli organizzatori a inventarsi una grottesca bufala di stile USSR: “Era tutto studiato. Volevamo dimostrare come si recupera un carro immobilizzato.” Balle da scolaretti di terza elementare.
E’ anzi molto probabile che il T-14 resti un progetto incompiuto. La ditta che lo produce è il difficoltà economiche, le sanzioni hanno bloccato la disponibilità di componenti chiave e probabilmente nessuno lo vuole dopo le pessime prestazioni dei T-72 e T-80 in Ucraina.
Lo stesso dicasi per l’aviazione russa e i suoi cavalli di battaglia. Il tanto decantato caccia della Quinta Generazione, il Sukhoi SU-57, già faceva fatica ad essere prodotto per l’aviazione russa prima delle ultime sanzioni. E comunque, nessun compratore estero si è ancora fatto avanti. Il prevedibile collasso economico di Mosca non è certamente un fattore rassicurante per i potenziali acquirenti.
Eppure, come un disco rotto, Putin continua a sostenere la “superiorità degli armamenti russi”, ma è la classica panzana alla Saddam Hussein destinata al pubblico russo che è notoriamente onnivoro. Grazie a una schiera di propagandisti senza vergogna, queste idiozie influenzano la gente comune che le ripete alla lettera. Il piatto delle esportazioni di armamenti (che nel 2018 valeva oltre 20 miliardi di dollari) è in caduta libera e rischia di arrivare a zero. Anche l’India, maggior compratore di armi russe, guarda la televisione e si interroga sulle sue future scelte. Se Putin avesse il tempo di documentarsi, dovrebbe leggere la “legge delle conseguenze impreviste”, un brillante concetto sviluppato dal sociologo Robert K. Merton nel 1936. (Merton si chiamava in realtà Meyer Robert Schkolnick ed era nato in USA da genitori russi. Com’è piccolo il mondo…)
A Putin rimane sempre l’esportazione dei fucili d’assalto Kalashnikov ai paesi che non applicano sanzioni alla Russia. Sono oggetti di basso valore unitario ma sempre affidabili: non c’è nazione del terzo mondo o gruppo terroristico che ne possa fare a meno. A tutt’oggi l’industria russa è ancora in grado di stampare lamiera e materiali termoplastici. Ma non è detto per quanto, visto che la produzione di automobili è crollata dell’80% e la Kontsern Kalashnikov è in serie difficoltà economiche.