Non sono mai stato un lettore assiduo dei quotidiani, eccetto quando il mio lavoro lo richiedeva.
Se il tuo compito è informare la stampa, sei comunque costretto a monitorare le varie testate per verificare gli esiti del tuo lavoro. Impari anche presto che ai giornalisti importano poco i fatti, ma la categoria tutta non sa resistere alla tentazione di viaggiare gratis e ricevere un trattamento da VIP.

Oggi non ho più motivo di scorrere i giornali, ma mi informo esclusivamente online. Niente telegiornali, niente organi di stampa più o meno pilotati da interessi di parte e infestati da redazionali indegni.
Se voglio veramente farmi del male, vado sui siti delle agenzie di stampa (ANSA, AGI e compagnia).

Queste organizzazioni diffondono le notizie che vengono poi raccolte e pubblicate dai giornali minori, quelli che non dispongono di una rete di corrispondenti sul territorio.

In realtà, anche le cosiddette agenzie di stampa trasmettono un “semilavorato” che non sempre nasce dalle sue redazioni locali. Per motivi di costi, molte notizie (specialmente quelle dall’estero) sono pure e semplici traduzioni—spesso fatte coi piedi—di articoli pubblicati da giornali ed emittenti internazionali.
E’ quindi chiaro che, se la notizia proviene, per esempio, da The Guardian (UK) o The Washington Post o CNN (US), essa ha già subito un trattamento preventivo di parte che la rende piuttosto un’opinione.

Una menzione disonorevole in questo deprimente panorama merita la versione online de Il Giornale, una testata che nei decenni è caduta molto in basso, ma con la sua edizione virtuale, è sprofondata ancora più giù.

Perché i giornalisti quelli bravi costano, Ilgiornale.it ne conta veramente pochi. Il resto sono dei dilettanti allo sbaraglio che hanno serie difficoltà con l’italiano e accettano di essere foraggiati a noccioline pur di accumulare firme per poter un giorno raggiungere lo status eccelso di “giornalista professionista”.

Il risultato finale è un sito farcito di vaccate e di errori di battitura e i cui titoli, tradizionalmente imposti da un “titolista” cerebroleso, sono ignobilmente gonfiati per attirare i “click”. Il compianto Indro Montanelli, che fondò il Giornale nel 1974 e lo diresse per venti anni, si sarebbe tolto la vita a metà lettura.

Assurti alla gloria della pubblicazione online (“Guarda mamma, sono sul Web”) i redattori de ilgiornale.it oggi accompagnano i loro “pezzi” con delle brevi biografie, che denotano chiaramente la loro pochezza.

Ne riporto alcuni stralci, omettendo pietosamente i nomi dei colpevoli.

  • Catanese, vivo tra Catania e Roma. (Un autentico emulo di Jack Kerouac e del suo On the Road.)
  • Nato a Chieti, fieramente abruzzese nel sangue e nei fatti. (Un vero Braveheart adriatico)
  • Tifoso del Milan dalla nascita. (In un giornalista questo è un tratto fondamentale)
  • Nata a Napoli nel 1985 e cresciuta a Portici. (10 km fanno qualche differenza?)
  • Sono nata a Roma, ma vivo a Latina. (dagli Appennini alle Ande? Non proprio…)
  • Sono nato nell’ormai lontano 2 aprile del 1981. (Ma l’età non sempre porta saggezza…)
  • Sardo, profondamente innamorato della mia terra. (Commovente, ma al lettore che gliene frega?)
  • Nel corso degli anni ho accumulato una notevole esperienza nel settore della comunicazione, del marketing e dell’editoria.
    (..ma scarsa dimestichezza con l’italiano.) A lui si deve questa chicca nell’edizione di oggi:

Sembrerebbe che l’innesco che ha dato origine alle fiamme era in uno dei garage del traghetto.

Su queste sconfortanti note, passo e chiudo.