Il termine Sorpresa di Ottobre (in inglese October Surprise) fu coniato negli Stati Uniti 40 anni fa e appartiene al gergo politico-giornalistico. Esso si riferisce a eventi o rivelazioni sconvolgenti che, guarda caso, balzano agli onori della cronaca proprio nel mese precedente alle elezioni presidenziali.
Negli USA le elezioni presidenziali si tengono ogni Quattro anni, quelle della Camera ogni due anni e quelle del Senato ogni due, ma limitatamente a un terzo dei 100 senatori (2 per ogni stato dell’Unione) i quali hanno un mandato di 6 anni. Le elezioni per la Camera si tengono contestualmente a quelle presidenziali e di nuovo nel Novembre di due anni dopo, nel qual caso sono chiamate Midterm Elections.
La Sorpresa di Ottobre ha una lunga tradizione che alcuni fanno risalire al 1840. Fin da allora si è sempre trattato di rivelazioni scioccanti (talvolta esagerate o perfino false) ma anche di autentici avvenimenti di rilevanza mondiale, come la Crisi di Suez e la Rivoluzione Ungherese (tutte e due del 1956) che hanno influenzato la scelta degli elettori.
In tempi abbastanza recenti, una Sorpresa di Ottobre fu l’annuncio di Henry Kissinger (Ottobre 1972) che i negoziati per la pace in Vietnam erano vicini a una conclusione positiva. A pochi giorni di distanza, il Presidente Nixon fu rieletto con un ampissimo margine, che solo in parte fu dovuto all’annuncio del suo Consigliere per la Sicurezza Nazionale.
Saltiamo all’Ottobre 2016, che ha visto le sorprese succedersi a un ritmo incredibile durante le battute finali della corsa per la Presidenza USA da parte di Donald Trump e Hillary Clinton.
Il 7 Ottobre venne alla luce una vecchia registrazione risalente al 2005, nella quale Trump raccontava, in un linguaggio scurrile, alcune sue prodezze sessuali. Molti lo diedero per spacciato il giorno stesso.
Contemporaneamente, il sito WikiLeaks iniziò a pubblicare una serie di e-mail il cui contenuto metteva in cattiva luce la Clinton, mentre i servizi di sicurezza americani—sempre nella stessa data—segnalavano gli sforzi della Russia per influenzare l’esito delle elezioni presidenziali, senza però chiarire a favore di chi.
E solo pochi giorni prima del voto, il Direttore dell’FBI Jim Comey dichiarò per iscritto al Congresso di voler indagare a fondo sulla sparizione di decine di migliaia di e-mail della Clinton ritrovate per caso sul laptop usato dalla sua collaboratrice Huma Abedin e da suo marito. Solo pochi mesi prima, Comey aveva deplorato la “trascuratezza” della Clinton, senza però avviare un procedimento a suo carico.
Molti ancora ricordano la tempesta mediatica che ciascuna di queste “sorprese” ha scatenato quattro anni fa e le recriminazioni che ancora non cessano.
Ma oggi, due settimane prima del voto del 3 Novembre 2020, l’evento più sensazionale è la scoperta di una quantità enorme di e-mail e foto appartenenti a Hunter Biden, figlio di Joe Biden, il candidato Dem alla Presidenza. Il problema di Joe è che le mail sembrano tirare in ballo anche lui in più episodi di corruzione ad opera di istituzioni finanziarie cinesi e imprenditori e politici ucraini.
Se il contenuto delle mail fosse confermato come autentico, Joe Biden avrebbe svolto il ruolo del “padrino” in un’impresa criminale che coinvolgeva gran parte della sua famiglia.
A così breve distanza dal voto, anche il solo sospetto di corruzione può costargli caro. Seguendo una prassi ormai consolidata, gran parte degli organi di stampa USA hanno deciso di non affrontare l’argomento a tutela di Biden, ma—come dicono in inglese—the cat is out of the bag.
I prossimi giorni saranno decisivi e i “news junkies” come me stanno facendo scorta di popcorn e noccioline.