E’ pressoché obbligatorio, a cinquant’anni di distanza dall’evento, fare un breve accenno a quella notte di Luglio quando l’uomo pose per la prima volta piede sul suolo lunare.
Come è tradizione per ogni momento epocale, si cerca di ricordare dove si era in quel momento.
Io ero a Rimini e tornavo a piedi dal centro cittadino alla casa dove alloggiavamo per un breve periodo di vacanza. Era disceso il buio e la strada era illuminata dai cerchi di luce proiettati dai lampioni, mentre alzando lo sguardo alle finestre delle case, si vedevano i riflessi di decine di schermi televisivi sintonizzati sulla diretta Rai e si sentiva distintamente la voce dei cronisti da decine di finestre aperte. Entro pochi minuti, avrei raggiunto la mia destinazione e mi sarei seduto davanti al televisore anche io.
In studio, quello che oggi chiameremo l’anchorman Tito Stagno, con i suoi occhiali a fondo di bottiglia, battibeccava col corrispondente a Houston, Ruggero Orlando, sull’attimo preciso in cui il LEM aveva toccato la superficie lunare. E nel tentativo di creare un maggior impatto emotivo, si incartava nel declinare gli orari locali dello storico momento. “Sono le 22:17 in Italia, sono le 15:17 a Houston, sono le 14:17 a New York.” E’ alquanto improbabile, infatti, che l’ora di New York (fuso orario Eastern) possa essere indietro rispetto a quella di Houston (fuso orario Central). Per la cronaca, oggi come 50 anni fa, a Luglio le 22:17 italiane corrispondono alle 16:17 a New York.
Intanto, l’astronauta Armstrong discendeva la scaletta e sondava l’appoggio al suolo col suo piede sinistro.
Mentre l’inviato Rai in USA, Ruggero Orlando, discuteva con Tito Stagno le immagini (oggi di qualità inaccettabile, ma allora quasi miracolose), si compiva quel celebre primo passo sulla Luna che Neil Armstrong commentò dal vivo con la celebre frase “That’s one small step for (a) man, one giant leap for mankind.”
La presenza o meno dell’articolo indeterminativo “a” prima della parola “man” diverrà oggetto di discussione per anni.
Ma la contesa incentrata su questo dettaglio sparisce se paragonata alla teoria del cosiddetto “complotto lunare”. Secondo i suoi sostenitori lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto e la ripresa diretta (quella cui abbiamo assistito in milioni nel 1969) sarebbe stata in realtà girata dal registra Stanley Kubrick.
Nonostante nel corso degli anni siano state fornite prove inconfutabili che il “primo passo” di Armstrong sia veramente avvenuto sul suolo lunare e non in uno studio cinematografico in California, ogni tanto salta ancora fuori qualcuno che, col sorrisetto di chi ne sa una più di te, ripropone la teoria del complotto lunare. Uno dei più recenti è addirittura il Sottosegretario agli Interni, un apparatchik di pura fede grillina.
E non serve a questo punto aggiungere altro.