Nella fase finale della sua seconda presidenza, Obama sta lavorando duro per ricavarsi una nicchia nei libri di storia.
In questi giorni, in occasione di un viaggio in Alaska, ha ufficialmente ribattezzato Denali il Monte McKinley (la vetta più alta del continente americano). Di fatto, il nome Denali è da sempre stato utilizzato, a fianco o in sostituzione di quello ufficiale, per indicare quella splendida vetta.
Ma il problema non è il nome. Per legge, è il Congresso degli Stati Uniti l’organo responsabile delle variazioni alla toponomastica. Il presidente si è arrogato un altro diritto che non gli compete a tutto beneficio della teatralità del gesto e in piena coerenza con il suo modus operandi autocratico e autoreferenziale.
La cosa ha fatto indignare alcuni e sorridere molti. E’ anche partita la corsa a indovinare quali nomi geografici tradizionali saranno i prossimi a cadere sotto i colpi del presidente.
Io mi permetto di suggerire di ribattezzare il Grand Canyon chiamandolo Grand Kenyan, in onore appunto del primo (e molto probabilmente ultimo) presidente americano di origini keniote. A differenza di Denali, non esiste infatti un nome indigeno cui fare riferimento (se non l’antica descrizione fatta dagli indiani Paiute: “la montagna che giace”) e quindi tanto vale assecondare la sconfinata vanità di Obama.
Sempre in occasione del viaggio in Alaska, il presidente ha annunciato che parteciperà a una puntata speciale di un reality show sui ghiacciai sotto la guida del survivalista Bear Grylls.
Anche qui i commenti negativi non sono mancati, a partire da una petizione che invitava Obama a bere la propria urina, una tecnica insegnata da Grylls. Ma senza cadere nel grottesco, molti si sono chiesti se queste “sparate” non siano dannose per l’immagine di un presidente che non è più popolare come una volta.
A mio avviso, Obama sta soffrendo un po’ sotto l’offensiva delle immagini macho che Putin ama far girare. Vladimir che cavalca a torso nudo, nuota in un lago siberiano, si immerge in un mini-batiscafo, spara a una balena da un gommone, si esibisce in mosse di judo e altre pagliacciate classiche dei dittatori di modesta statura.
Obama deve aver deciso di contrattaccare.
Negli ultimi mesi della sua presidenza credo che assisteremo ad altre gesta degne di essere tramandate, messe ormai da parte le promesse di HOPE e CHANGE che hanno per due volte portato Obama alla Casa Bianca.
Intanto il Paese non è mai stato così spaccato da tensioni razziali, diviso profondamente sull’accordo con l’Iran, confuso dalla continua immunità accordata a Hillary Clinton e spaventato per l’instabilità delle borse.
C’è da dire che anche l’arci-rivale Putin, nonostante lo stato preoccupante dell’economia russa, non ha smesso un attimo di fare l’uomo forte e di provocare l’occidente.