In un post precedente abbiamo già fatto la conoscenza di Akhber, che rappresentava la mia ditta a Karachi. Sappiamo quindi che il brav’uomo era stato ufficiale superiore dell’aviazione pakistana. Come tale, Akhber aveva speso parecchio tempo in America per fare addestramento su jet di fabbricazione USA. Lì aveva anche conosciuto Helen, che aveva in seguito sposato e portato in Pakistan.
Un giorno, mentre dall’Italia preparavo la mia prossima missione a Karachi, decisi di avvertire Akhber del mio orario di arrivo. Ma al telefono mi rispose Helen, che con l’irriducibile twang del suo accento americano mi informò che il marito era momentaneamente fuori casa. “Visto però che ti ho al telefono – aggiunse dopo i soliti convenevoli – vorrei chiederti di portare con te quel buon salame di manzo che fate in Italia”.
“Beef salami? There’s no such thing!” le dissi. Ma Helen insisteva e alla fine capii il messaggio. Akhber era rientrato e Helen non voleva fargli capire che mi stava chiedendo di portarle un normalissimo insaccato di carne di maiale.
Fu con una certa trepidazione che nascosi nel mio bagaglio il salame “di manzo” e la solita bottiglia di Johnnie Walker Black per Akhber. Una cosa è contrabbandare alcolici in Pakistan, ma portare anche carne di maiale significa di sicuro andare in cerca di guai.
Per fortuna riuscii a portare a destinazione il prezioso carico senza inconvenienti doganali.
Dato che era un venerdì e gli uffici erano chiusi, Akhber mi invitò al Karachi Golf Club a giocare con lui. Ai tempi il campo da golf era una distesa desertica e i “green” erano chiamati “chocolates” perché realizzati mescolando sabbia e gasolio. (*)
Il mio ricordo di questa giornata è legato in parte al profondo imbarazzo che i continui ringraziamenti di Akhber mi provocarono (“Thank you ever so much, my friend. That beef salami is delicious!”) ma anche alla mia misera figura come golfista. Niente di strano, non avevo mai giocato a golf in vita mia (e da allora non ci ho più provato) e sotto quel sole torrido avrei preferito trovarmi al Club Ufficiali della Pakistan Air Force a bere tè freddo all’ombra di qualche albero centenario.
Sono passati diversi anni e non ho mai saputo se il buon Akhber avesse finalmente scoperto che il salame che gli portavo non era di manzo. La mia coscienza è comunque a posto. Se l’amico poteva ignorare i dettami della sua religione e bere whisky, poteva anche mangiare il salame.
(*) A metà degli anni ’90, il campo del Karachi Golf Club è stato trasformato in una distesa verde ricolma di piante e cespugli e i “chocolates” sono ormai un ricordo del passato, che però molti old-timer rimpiangono.