Fin da piccolo ricordo quanto la musica fosse una costante nella nostra casa.  In famiglia, l’appassionato era mio padre, che spaziava nei suoi gusti dalla musica classica al Festival della Canzone Napoletana. Troppo giovane per “capire” la musica che ascoltavo, ero comunque in grado di apprezzarla per come mi toccava.

Due erano i pezzi da me preferiti nella mia infanzia.

Uno (che io chiamavo “musica classica divertente”) era la celebre Rhapsody in Blue di George Gershwin, che divenne subito parte della mia collezione musicale appena ebbi i soldi per comprare il disco.

L’altro (un pezzo “serio” di violino) mi ha eluso per decenni. L’avrei cercato se avessi ricordato il nome del pezzo, o al massimo quello del violinista. Mio padre lo citava spesso come un virtuoso, ma per anni ed anni ho cercato di ricordare quel nome, ma sempre senza successo.

Finché, per qualche misterioso meccanismo cerebrale, mi sono svegliato qualche giorno fa con quel nome sulle labbra.

Yascha Heifetz.

Non so per quale motivo il suo nome non mi è mai tornato in mente per oltre mezzo secolo. So anche che avrei potuto entrare in un negozio di musica e “raccontare” il celebre pezzo e forse un commesso ben informato avrebbe potuto identificarlo, ma l’imbarazzo mi ha sempre bloccato.

E ora scrivo commosso queste righe mentre le mie cuffie mi regalano il mio brano preferito a tutto volume.

Yascha Heifetz, Rondò Capriccioso di Camille de Saint-Saëns

Dopo oltre 50 anni riesco ad ascoltarlo ancora. E’ incredibile.

Ma—mi chiedo—ci voleva tanto?

PS: Per coloro che ritengano datata la performance di Heifetz, c’è un giovane violinista giapponese—Fumiaki Miura—che interpreta lo stesso pezzo da campione—e a colori.