Ecco tre nuovi bizzarri termini inglesi divenuti popolari nel corso della campagna per il referendum Brexit e durante l’ultima campagna presidenziale USA.

Woke, Post-Truth, Nothingburger

Tra l’altro, i primi due termini sono appena stati aggiunti all’Oxford English Dictionary (OED) e fanno quindi ufficialmente parte della lingua inglese.

Woke è usato da qualche decennio come aggettivo e significa “consapevole” e “ben informato” in senso strettamente politico. Grammaticalmente parlando, tuttavia, woke è un mostro, trattandosi di una forma verbale (past tense di to wake) e non di un aggettivo o un nome. Il termine è salito vertiginosamente di popolarità sulle bocche dei militanti della sinistra in tempi recenti, assumendo connotazioni più restrittive: essere woke vuole dire essere vigile di fronte a fenomeni di ingiustizia sociale e razzismo.

Curiosamente, woke è stato adottato dal movimento radicale Black Lives Matter, accusato a sua volta di razzismo per aver respinto il concetto di All Lives Matter e per altre prese di posizione integraliste e scarsamente democratiche.

Altro neologismo entrato honoris causa nell’Oxford English Dictionary è post-truth, addirittura con il titolo di Parola dell’Anno 2016.

Il prefisso post in post-truth denota ‘l’appartenenza a un periodo in cui il concetto che lo segue è diventato trascurabile o irrilevante’. Qui il significato di post è quindi più vicino a “oltre” che a “dopo”.

Presente con notevole frequenza nell’espressione “post-truth politics”, la locuzione indica delle posizioni politiche più fondate sull’emotività e sulle convinzioni personali che su basi di comprovata veridicità. Nelle parole di un giornalista britannico “la verità si è svalutata a un punto tale che ciò che rappresentava il termine di paragone, la parità aurea, nel dibattito politico è una valuta ormai priva di valore.”

E per chiudere, vi propongo l’espressione nothingburger. Letteralmente un hamburger di niente, questo slang significa qualcosa come aria fritta, una montatura priva di fondamentotanto rumore per nulla oppure niente di niente.

Nothingburger non è propriamente un termine nuovo (c’è infatti chi lo fa risalire agli anni ’50) ma sta vivendo una nuova giovinezza nell’infuocato clima politico americano. Nel giro di pochi giorni l’ha pronunciato Van Jones, un commentatore politico della CNN, riferendosi alle isteriche accuse di collusione con la Russia mosse a Trump del partito democratico in assenza di qualsivoglia prova (un caso di post-truth politics?) Secondo Jones, che non è certo un sostenitore del presidente, si tratterebbe di una colossale montatura politico-giornalistica.

Altro utilizzatore di nothingburger è la ex-rivale di Trump, Hillary Clinton. Negli ultimi 7 mesi, la Clinton ha raccolto una dozzina di motivi alla base della sua sconfitta elettorale (ignorando quello più probabile—la pochezza della sua stessa candidatura—che a tutti gli altri è ben chiaro da tempo). Parlando appunto delle cause della sua sconfitta, Hillary Clinton ha definito nothingburger lo scandalo delle e-mail (decine di migliaia di messaggi) inviate tramite il suo server clandestino.

Se sia stato veramente tanto rumore per nulla, lo scopriremo nei prossimi mesi.